Nel Vespro per Maria di Monteverdi la ricerca musicale del XVII secolo
domenica 21 gennaio 2007
Il direttore inglese Paul McCreesh è arrivato a incidere il Vespro della Beata Vergine di Claudio Monteverdi (1567-1643) dopo 25 anni di studi approfonditi e assidua frequentazione (2 cd pubblicati da Archiv e distribuiti da Universal); al termine di un lungo cammino di avvicinamento che poggia su alcune precise e incrollabili convinzioni interpretative ma che, per sua stessa ammissione, lascia tuttora diverse domande senza risposta. La partitura del compositore cremonese rappresenta infatti per McCreesh una sorta di «cantiere aperto», compendio paradigmatico di tutte le questioni che solitamente caratterizzano l'esecuzione di un'opera di «musica antica» così articolata e complessa, per certi versi ancora oggi avvolta dal mistero. Non è infatti chiaro se sia stata concepita come corpus unitario o come raccolta di brani sparsi, per quale tipo di organico vocale e strumentale sia stata scritta e quale fosse la reale occasione liturgica della sua creazione. Dato alle stampe nel 1610, quando Monteverdi ricopriva la carica di «Maestro della musica del Serenissimo Duca di Mantova» (e solo tre anni prima che venisse nominato Maestro di Cappella della Basilica Patriarcale di San Marco a Venezia), questo capolavoro è stato composto, come recita il frontespizio, «sopra i canti fermi», cioè sopra le originali melodie gregoriane dei brani che lo costituiscono; con un occhio rivolto dunque al passato ma con l'altro decisamente spalancato verso il futuro, in direzione di quella «nuova prattica» che proprio in tale ambito trova una meravigliosa sintesi tra i richiami all'antico canto liturgico, i dettami della più severa scuola contrappuntistica e le nuove istanze stilistiche dallo stesso musicista mirabilmente forgiate nel campo del madrigale e del nascente melodramma. Alla testa dei fedelissimi ensemble dei Gabrieli Consort & Players, McCreesh si cala tra le splendide pagine del Vespro monteverdiano con l'ormai proverbiale maestria, setacciando la partitura in profondità e lasciando risplendere in superficie baluginii di autentica spiritualità; con l'indole del ricercatore attento e del musicista appassionato, ma soprattutto con la consapevolezza di essere lui stesso il primo a stupirsi di fronte a tale straripante ricchezza.
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