Nei campi cresce il sommerso
sabato 1 maggio 2010
L'agricoltura continua a essere il comparto con una fortissima incidenza di lavoro irregolare. A dirlo è stata, pochi giorni fa, una indagine conoscitiva della XI Commissione Lavoro della Camera dei Deputati. Si tratta di un documento importante per capire una aspetto cruciale della produzione agroalimentare italiana, su cui, occorre sottolinearlo subito, le organizzazioni agricole stanno lavorando molto.
A conti fatti, stando al rapporto presentato alla Camera, in agricoltura il tasso di irregolarità è cresciuto dal 20,9% del 2001 al 24,5% del 2009. I dati evidenziano non solo una crescita costante del fenomeno, ma una sua preoccupante diffusione. Al Sud il tasso complessivo di irregolarità raggiunge il 25,3% ma con punte estreme in Campania (31,0%) e Calabria (29,4%); al Centro il tasso medio è pari al 23% ma con il Lazio che presenta il più alto tasso di irregolarità (32,8%); al Nord il dato medio è assai simile 22,9% e si registra il tasso più basso in Trentino-Alto Adige (di poco superiore al 14%). Ovviamente, le "irregolarità" crescono nelle colture intensive e di tipo stagionale. È poi solamente il caso di dire che la stessa indagine della Camera sottolinea come l'alta incidenza della irregolarità del lavoro al Sud ed in alcune regioni del Centro si combina, più che in altre aree del Paese, con condizioni estreme di sfruttamento e con una forte sovrapposizione con fenomeni di illegalità e criminalità vera e propria. Il rapporto è duro e spiega come la grande disponibilità di lavoro clandestino sta alimentando di fatto un circuito produttivo illegale in agricoltura nel Mezzogiorno, dove ampi segmenti dell'intera filiera appaiono fondarsi sulla possibilità di fruire di manodopera a bassissimo costo, non in grado di trattare sul salario e sulle condizioni di lavoro. Ad essere coinvolte persone di un po' tutte le nazionalità ma in particolare i rumeni, bulgari, polacchi, albanesi, immigrati provenienti dall'Africa equatoriale e dal Nord Africa, ma anche indiani e pakistani.
Sempre l'Indagine presentata ai Deputati, poi, ricorda pratiche, come quella del caporalato, che quasi erano tate dimenticate e che si pensava, a buona ragione, ormai riposte nei libri di storia.
Certo, situazioni di questo genere non sono solo appannaggio dei campi: basta pensare all'edilizia per ritrovare situazione simili. Ma è un dato certo il fatto che l'agricoltura e l'agroalimentare italiani, alle prese con mercati difficilissimi e una concorrenza sempre in agguato, oltre che con sofisticazioni dai giri d'affari miliardari, devono anche fare i conti con un assetto lavorativo spesso non certo limpido. È giusto, quindi, che le organizzazioni agricole insistano nella loro battaglia per l'emersione delle irregolarità e per il maggior uso di nuovi strumenti di assunzione come i cosiddetti "vaucher" (che trovano per ora più uso al Nord che ne Mezogiorno).
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