sabato 4 giugno 2016
Sordità in pagina: talora del tipo che a Roma chiamano «del compare», perché «sente solo quello che je pare». Esemplare per esempio questo titolo: «Papa contro i preti» (“Il Tempo”, 30/5, p. 1). Capperi! Alla vigilia del Giubileo dei Preti il Papa dichiara loro guerra? La firma, Roberto De Mattei, è tale che non puoi dubitare sul tipo di sordità: il professore ci sente benissimo, ma quando “non gli pare” è più sordo di un paracarro. Il Papa ha ricordato che il servizio («ministero») dei preti non può avere orari fissi, e quindi che «la porta», non tanto e non solo quella vera e propria della Chiesa o della canonica, ma quella del «cuore» deve essere sempre aperta. Guerra contro i preti? Così solo all'orecchio di chi vuol essere sordo sin dai tempi del Concilio e ragiona spesso male, come visto sopra. Tra l'altro perché proprio in quell'occasione il Papa non parla solo dei preti e ai preti: «…non c'è porta aperta, non c'è prete, non c'è diacono, non c'è laico. Questo fa male al cuore»! Professore, dia per favore un'occhiata – non cieca ovviamente – alla prima meditazione di giovedì. Francesco non pensa “clericale” – ove il prete è tutto e fa tutto – ma ecclesiale, come giustamente insegna il Concilio, e quindi “deve” esserci qualcuno che tenga aperta la porta. Finito? Qui sì, ma qualche sordità la trovi anche altrove e inattesa, se per esempio su “Repubblica” (2/6, p. 14) a firma di un collega stimato leggi che se il 2 giugno 1946 avesse vinto la Monarchia «si sarebbero forse attenuate le fobie di Papa Pacelli riguardo al comunismo». «Fobie»? Nel 1946? Qualcuno dimentica la “musica” che allora suonava quel «comunismo» che era di Stalin e stava invadendo mezza Europa. Papa Pacelli lo sapeva: sentiva e vedeva bene, e allora così da noi furono salvi anche quelli che, sapendolo o meno, ancora per dieci anni applaudirono Stalin e i suoi carri armati.
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