“Narcotica” fa luce sul narcotraffico
venerdì 19 luglio 2019
Un uomo in una pozza di sangue, legato con le mani ai piedi dietro la schiena. Siamo in Messico, in una terra di nessuno, una sorta di far west con le case crivellate di colpi e quella è la drammatica immagine che apre e chiude Narcotica, inchiesta del Tg3 e Rai 3 che ha preso il via mercoledì in seconda serata. «Cosa è stato di lui non lo abbiamo mai saputo», chiosa in conclusione l'autore di questo viaggio in cinque puntate, duro e senza filtri, sulle rotte del narcotraffico. Un'immersione in zone proibite dove regnano corruzione e violenza. Un'incursione in un territorio senza regole tra le milizie di Filo de Caballos, un piccolo villaggio roccaforte della polizia comunitaria di Guerrero che combatte contro il cartello del sud. Una guerra feroce che dura da anni e che ha bisogno, per sostenersi, dell'oppio da cui si ricava l'eroina. Dal Messico si passa alla Colombia e si arriva alla Calabria. Il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, e i suoi uomini accompagnano i telespettatori con il racconto delle indagini che hanno scoperto gli affari della 'ndrangheta con i narcotrafficanti sudamericani. In un parallelo tra la foresta messicana e l'Aspromonte, Narcotica racconta anche l'intreccio tra le storie di un'inquietante e opportunistica religiosità che vede da una parte il culto pagano della Santa Muerte, “protettrice dei pistoleros”, e dell'altra la devozione o presunta tale alla Madonna di Polsi. Un parallelo che viaggia anche sulle note della musica della 'ndrangheta composta per celebrare i latitanti e quella dei narcocorridos che a Culiacan, cantano le gesta di El Chapo Guzman, il più celebre e spietato dei narcotrafficanti messicani, condannato all'ergastolo appena due giorni fa da una corte di New York per dieci capi di imputazione. Ma al di là della cronaca, il merito di Narcotica, programma di Valerio Cataldi con la collaborazione di Raffaella Pusceddu, è quello di far luce, in modo essenziale e senza fronzoli, su cosa si nasconde dietro al traffico di sostanze stupefacenti. È un modo diretto per rendere tutti più consapevoli sul fatto che il commercio della droga si può combattere solo se lo si considera un fenomeno mondiale e se c'è una collaborazione tra gli Stati.
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