martedì 7 febbraio 2012
Sul "Fatto" (2/2, p. 8: «Nel nome del padrino») intrepido sfogo di Nicola Tranfaglia, storico e politico, prima Pdci (2004) poi Idv (2010) che riesuma un libro del 2009: per lui è la prova degli «ambigui rapporti tra mafia e Chiesa»: infatti «criminali come Provenzano e Cutolo si sono dichiarati uomini di fede per tutta la vita senza mai ricevere una sanzione». I comandamenti? Niet! Il grido di Giovanni Paolo II ad Agrigento? Niet! Il martirio di don Diana e don Puglisi? Niet! La sanzione la decide lui, e vuole che Papa e vescovi indichino per nome «Provenzano e Cutolo»! Per quel libro, mafia e Chiesa sono la stessa cosa, e Tranfaglia lo risuscita. È abituato a certe tirate. Nel 2008 il Papa non poté parlare alla Sapienza e lui ("Unità" 1/2, p. 27) scrisse che per vendetta «il pontefice, offeso, ha approfittato dell'incidente per varare una campagna a difesa della libertà di cultura». Ovviamente «falsa», perché tra Papa, cultura e libertà c'è contraddizione totale! Nel 2007 ("Giornale di Sicilia", 23/2, p. 5) riprese un suo pezzo del febbraio 1998 su "Repubblica" per lamentare che in Italia «la cultura laica è ridotta al silenzio», perché «in entrambi gli schieramenti ci sono uomini che si richiamano in primo luogo alla dottrina cattolica», e da lì ("Unità", 23/8/2007 p. 23) ha origine l'«ipocrisia» universale. Perciò ("Unità", 9/10/2004) il suo ultimatum a tutti i cattolici: «O la Costituzione o la fede!». Va un po' all'ingrosso, lui, e (sempre "Fatto", 21/9/2010) scrive intrepido contro il Concordato «rinnovato nel 1988 (sic!)»", ricorda «Giancarlo» (sic!) Fini e ("Unità", 4/7/2007) lamenta la «storia tuttora poco sconosciuta (sic!)» di una «lotta condita (sic!) contro» qualcuno. Ci sarebbe altro, ma lo spazio è tiranno. Sarà anch'esso "cattolico"?
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