Misteriose voci del Baltico cantano alla ricerca della vera spiritualità
domenica 5 febbraio 2006
«Da lontano non si ha notizia che dei massimi tra loro, e sovente ci si accontenta de' nomi; ma quando ci si avvicina a questo firmamento e si comincia a scorgere anche il fulgore degli astri di seconda e di terza grandezza, e ciascuno di essi risalta anche perché fa parte dell'intera costellazione, ecco che quel mondo diventa più grande, l'arte più ricca»: il brano di Goethe - tratto dal Viaggio in Italia - che Paul Hillier ha scelto come introduzione al disco Baltic Voices 3 (pubblicato da Harmonia Mundi e distribuito da Ducale) esprime in modo esemplare lo spirito con cui il direttore inglese e l'Estonian Philharmonic Chamber Choir si sono avvicinati in questi anni alla musica contemporanea proveniente dai Paesi che si affacciano sul Mar Baltico: con la consapevolezza di aver contribuito alla composizione di un affascinante mosaico in cui ogni tassello brilla di luce propria, ma acquista luminosità e significato compiuto solo nel contesto più ampio in cui ritrova le sue radici profonde. La musica corale di quelle estreme regioni del nostro pianeta, ai confini tra Oriente e Occidente, rappresenta un patrimonio artistico e culturale unico ed esclusivo; il tributo sonoro ai riflessi iridiscenti e alle algide luci che riverberano sugli straordinari scenari di fiordi, taighe e ghiacciai, in cui il canto rivive nella sua accezione più popolare, intesa proprio come autentica espressione di un "popolo". Al fianco delle Five Kurpian Songs del polacco Henryk Mikolaj Górecki (classe 1933), la figura sicuramente più conosciuta di questo terzo e ultimo volume dedicato alle "voci del Baltico", troviamo così anche il breve e ipnotico Alleluia del lituano Algirdas Martinaitis (classe 1950) o l'inquietante Meditatio dell'estone Erkki-Sven Tüür (classe 1959), il cui testo è ricavato dalle Orationes sive meditationes di Anselmo d'Aosta: quasi diciotto minuti di musica, dove le stridenti dissonanze corali si sovrappongono ai sussulti e ai singhiozzi emessi da un quartetto di sassofoni, a rappresentare - nelle parole dello stesso autore - «il grido verso l'eternità di un uomo che ha perso la fede"». Tra ribellione e rassegnazione, speranza e disperazione, è il grido lancinante di una società incessantemente alla ricerca del proprio baricentro spirituale.
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