giovedì 3 dicembre 2015
​Milano, dicembre - In questi giorni in cui la notte cala sempre prima, e il suo avanzare mi incute una sottile paura, ricorro alla camera segreta della memoria, dove conservo e archivio l'estate.Dunque in un pomeriggio di inizio dicembre – alberi spogli, e un freddo che morde gentilmente – ritrovo in me, per primi, gli oleandri in fiore lungo l'autostrada che da Genova costeggia il Tirreno: primo segnale, per noi di Milano, del luglio ardente del Livornese. Mi pare di vederli, ondeggianti al vento, bandiere rosa che annunciano l'estate.Fuori, ora, il cielo sopra Milano si sta oscurando, si accendono i lampioni nelle strade. Volto una pagina del mio archivio: la sabbia che scotta sotto ai piedi, e i gigli selvatici, candidi, che ne spuntano, in agosto, in Sardegna – da chissà quali acqua nutriti, nella calura riarsa. Ed ecco, ancora vedo nettamente la striscia prima verde e poi blu del mare, così come si spalanca, dall'alto, scendendo da quel certo sentiero nella boscaglia, in Gallura: infinito orizzonte dentro l'aroma inebriante di ginepro, di mirto. Mi pare di sentirlo davvero, quel tono dolce e aspro insieme di flora selvatica e indomita che sboccia sempre di nuovo, sopra ai cespugli bruciati dal sole.Fuori, ora è ancora più notte. La gente cammina in fretta, i tram alla fermata spalancano le portiere e le richiudono , sbrigativi, alle spalle dei milanesi trafelati che tornano a casa. Ma davvero è esistita, l'estate? mi domando. Di certo, è rimasta nella mia camera segreta.Eccola la Gallura, con la spiaggetta di Tinnari, quasi irraggiungibile e quindi sempre solitaria. Le sue acque trasparenti e le rocce rosse che ne emergono, sagomate da mille e mille anni di vento. Il mio gioco laggiù è, nuotando, immaginare di essere fra le cime delle Dolomiti, nel tempo remoto in cui l'oceano le sommergeva ancora.Come saranno, stasera, le spiagge delle nostre estati? Le immagino deserte e battute da un vento tagliente, gli stabilimenti chiusi, i bar sbarrati, come in un assedio.Ma torneranno, torneremo, ad affondare i piedi nella sabbia bollente; i bambini alzeranno castelli e torri, e poi il mare cancellerà tutto, nel pigro calare di un sole purpureo, alle nove.E rieccomi a una sera di Avvento, mentre un fiato di nebbia dalle periferie lambisce le strade. Che dono la memoria, penso: un pozzo cui attingere, e grazie al quale sperare. Aspettare che le giornate si facciano lunghe, e chiare; ed esplodano infine nei campi i girasoli, con le loro facce d'oro. E saranno tesoro da mettere da parte, ben custodito; per stare di fronte agli alberi scheletriti di dicembre non tristi, ma già colmi di attesa.
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