mercoledì 27 gennaio 2016
Un libro che giunge alla decima edizione è già una notizia, ma se il libro è Il Paese dei Gelsi, di Ferruccio Mazzariol (Santi Quaranta, Treviso 2015, pp. 208, euro 13), la notizia è una bella notizia. Mazzariol, scrittore e giornalista culturale, ha fondato nel 1989 la Casa editrice Santi Quaranta, che tuttora dirige.Il nome, che si richiama ai Quaranta martiri di Sebaste, viene da una porta di Treviso, costruita nel 1516, scelta come logo dell'editrice. I libri di Santi Quaranta sono riconoscibilissimi: fedeli al formato 14x22, con una banda di colore a sinistra e una riproduzione artistica in copertina, confermano l'importanza di star fermi, come la bottiglietta tronco-conica del Bitter Campari disegnata dal futurista Fortunato Depero nel 1932, e come la grafica dei libri Adelphi. Non come “Lo specchio” mondadoriano che cambia grafica e formato a ogni avvicendamento di direttore editoriale, rendendo inidentificabile quella che era la più prestigiosa collana di poesia. Mazzariol, editore selettivo, ha in catalogo opere di Giorgio Bàrberi Squarotti, Elio Bartolini, Ulderico Bernardi, Raffaello Brignetti, Luca Desiato, Theodor Fontane, René Girard, Václav Havel, Fortunato Pasqualino, Antoine de Saint-Exupéry, Bonaventura Tecchi, tanto per fare qualche nome.Il Paese dei Gelsi raccoglie fogli di diario, riuniti in tre mannelli: “L'età favolosa”, “Personaggi”, “Con i ricordi”. E ne viene una sorta di storia elegiaca, attualizzata gentilmente. Emblema è proprio il Gelso, sempre scritto con la maiuscola, non solo il grande albero sotto cui si riparava e sui rami del quale si arrampicava l'autore ragazzo con i compagni di giochi, ma il Gelso la cui coltivazione era necessaria per l'allevamento dei bachi da seta, materia prima di un'industria ormai decaduta. Ne so qualcosa anch'io, perché la mia famiglia, almeno dal bisnonno in poi, ha sempre avuto un'industria serica, e anche il cognome viene da lì perché i «cavalleri» (non «cavalieri») in Lombardia sono appunto i bachi da seta quando, dopo la quarta muta, vanno «al bosco». Il Paese dei Gelsi è, geograficamente, Ponte di Piave, in provincia di Treviso, dove Mazzariol è nato il 16 marzo 1939, al colmello della Grasseghella. Una zona di profonda tradizione cattolica, quasi fin troppo se l'arciprete, durante la benedizione di Pasqua, saltava la casa in cui si era danzato durante il carnevale. Con devozioni meravigliose come quando, di ritorno dalla Fiera di Santa Lucia di Piave, nel 1948, la mamma spiegò a Ferruccio: «Questa sera, per devozione a santa Lucia, le donne non puntano con l'ago, non ricamano, non lavorano a maglia. La tradizione richiede e impone il riposo degli occhi. Preghiamo per chi è cieco».Tra i personaggi del libro, che è autobiografico e narrativo, spicca Floreno, compagno d'infanzia e della maturità, che diventerà un panettiere generoso e creativo. Mazzariol gli dedica un toccante elogio quando Floreno, l'11 aprile 1997, avrà raggiunto in Cielo l'adorata moglie Gabriella. C'è, nei ricordi e nella scrittura di Mazzariol (fra l'altro abbiamo imparato che gli abitanti di Oderzo si chiamano «opitergini»), un implicito encomio della civiltà contadina che, pur irripetibile, si ricollega alla classicità. Catone aveva percepito chiaramente che la Roma repubblicana sarebbe decaduta quando si fosse spezzato il nesso tra agricoltura e cittadinanza, a favore dei commerci e delle milizie mercenarie. Nella sua opera estrema, il Carmen de moribus, Catone – che coltivava personalmente il suo podere – ha lasciato scritto: «Dagli agricoltori vengono gli uomini più forti e i soldati più coraggiosi, ed essi conseguono un guadagno sommamente onorevole, il meno aleatorio e il meno soggetto all'invidia, e quanti sono impegnati in questa attività non sono per niente malpensanti». Un profumo di antiche virtù civiche si leva dal Paese di Gelsi, «irripetibili», abbiamo detto, e tuttavia fonti autorevoli per capire il nostro presente. È ciò che insegna la letteratura, sempre vittoriosa sulla storia.
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