sabato 12 marzo 2011
Sul libro del Papa solo una nota. Ieri ("Repubblica", p. 1: «Il Gesù storico secondo Ratzinger») Mancuso parte dalla giusta «empatia» che deve animare chi legge pagine altrui e poi ricorda che la fede non è conseguenza necessaria di evidenza innegabile: essa è scelta libera, ma non irragionevole; va oltre i dati di ragione senza contraddirli. Per lui tuttavia Benedetto XVI nel libro, visto che nei Vangeli la condanna di Gesù è narrata con varie differenze sulla responsabilità del popolo ebraico o del potere romano, deve ammettere che la «narrazione evangelica» non è «storia reale», quindi il Gesù della storia non è quello della fede. Perché per Mancuso qui è «il nodo" la morte di Gesù, precisamente il ruolo al riguardo del popolo ebraico». Il "nodo"? Davvero questo particolare decide tutto " tutto! " su Gesù storico e Gesù della fede? Il vero "nodo" su Gesù non sarà piuttosto la realtà della persona (chi "veramente" era?), della parola (cosa ha "veramente" detto di nuovo?), della morte e risurrezione (è "veramente" risorto?) e della esperienza reale di Lui "risorto" che da duemila anni spinge miliardi di cattolici, ortodossi ed evangelici suoi discepoli a professarlo Figlio di Dio, Salvatore e divinizzatore degli uomini nella storia e oltre i confini del morire fino alla vita eterna? Si può decidere tutto dai racconti della condanna nel cortile di Pilato? E che piccolezza, nel pezzo che pure parte elogiando la necessaria "empatia" di ogni lettura, l'insistere ironico sui «valori non negoziabili»! Per Mancuso, se Gesù non è sia quello storico che quello della fede "tutto crolla". Ebbene: miliardi di donne e uomini pensano liberamente, e con Benedetto XVI, che Gesù è identicamente quello storico e quello della fede. Tutto qui.
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