sabato 17 settembre 2011
A ogni giorno la sua pena. A quello di ieri tre indignazioni. La prima per lo strillo di "Europa" (p. 1): «Quel sì ai lefebvriani… liquida il Concilio»! Per Massimo Faggioli, chiedendo loro di accettare la dottrina del Vaticano II il Papa la ha in realtà «venduta come merce di scambio», rinnegando tutto ciò che è passato da Giovanni XXIII nel discorso di apertura a Paolo VI nei messaggi della celebrazione conclusiva. Perciò – testuale – ora torna in auge «il matrimonio forzato col fascismo e l'autoritarismo conservatore di ogni risma». La Chiesa oggi «accetta l'opzione fascista». Opinione? Sì, e anche diffamazione senza argomenti. Seconda indignazione, opposta: su "Libero" (p. 33) Camillo Langone, noto per conto suo di nutrire nostalgie, si dichiara contento delle dimissioni del cardinale Tettamanzi e strattona a modo suo – perché, sostiene, non è mai riuscito a capire i suoi libri – il neoarcivescovo di Milano cardinale Scola (e, già che c'è, attacca anche il cardinal Ravasi). Lasciamo Langone alle sue nostalgie, alle sue difficoltà di lettura e ai suoi tentativi di tirare per la veste (e nella mischia) altri vescovi. Per finire terza indignazione. Su "Repubblica" (p. 44) Augias finge di elogiare «l'esempio di monsignor Tettamanzi», ma per farlo lo mette sullo stesso piano delle opinioni di Vito Mancuso nel suo libro "Io e Dio", sentenziando che «i due si ritrovano nell'essenziale», e che quella indicata da Mancuso è proprio «la vita che Tettamanzi ha vissuto finora». Certi elogi, se fossero fondati, sarebbero preoccupanti, ma qualcuno non sa quel che scrive, e "Don Dionigi" sorriderà.
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