martedì 25 gennaio 2022
Tredici lunghi secondi. Tanto è durato l'applauso “a scena aperta”, che l'assemblea di Strasburgo ha riservato a Emmanuel Macron mercoledì scorso, quando il capo dello Stato francese ha proposto di inserire l'aborto, insieme alla tutela dell'ambiente, nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. È sembrata l'espressione di un consenso corale, forse non unanime perché non tutti nell'emiciclo alsaziano battevano le mani, ma certamente convinto e più intenso degli altri due unici momenti in cui il discorso del presidente di turno dell'Ue è stato interrotto da un apprezzamento spontaneo.
Perché stupirsi?, si potrà chiedere. L'aria che tira su certi temi nell'Europarlamento la conosciamo da tempo. A giugno scorso – lo si è già ricordato su queste colonne – una risoluzione non vincolante per l'aborto universale era stata approvata a larga maggioranza. E leggi favorevoli all'interruzione di gravidanza, più o meno condizionata, ci sono ormai in quasi tutti i Paesi membri. Nessuno però, a quanto risulta, ha mai inserito questa possibilità nella propria Costituzione scritta. Da nessuna parte è stato concesso di qualificare in modo così solenne la possibilità di sopprimere una vita nel grembo materno. Forse, quasi in maniera inconscia, una forma di pudore istintivo ha finora impedito di toccare un simile inaudito traguardo giuridico.
Ma ecco che Macron rompe il tabù. Ecco che l'inquilino dell'Eliseo in cerca di riconferma in patria, mentre si augura che in questo semestre a sua guida “si consolidino i nostri valori di europei che fanno la nostra unità, la nostra fierezza e la nostra forza”, gioca la carta di una proposta sulla quale si sente sicuro di mietere consenso. Ben più che sullo scontato tema dell'ecologia. E così avviene: lo scroscio di battimani è immediato, istintivo. Chissà se consapevole fino in fondo del suo significato?
La Carta fondamentale dell'Unione, approvata solennemente una prima volta a Nizza nel 2000 e recepita infine nei Trattati sette anni dopo a Lisbona, elenca tutto il meglio dell'elaborazione giuridica internazionale successiva alla seconda guerra mondiale. Proclama ed elenca, in 54 articoli, diritti e principi a tutela della vita, delle libertà, della dignità, dell'uguaglianza, della solidarietà e della giustizia verso ogni cittadino dei Ventisette. Ma sempre, si noti bene, in conformità “alle tradizioni costituzionali comuni agli stati membri”.
Pertanto, manifestando il suo plateale apprezzamento a Macron, il Parlamento europeo sembra convenire sull'opportunità di conferire rango costituzionale all'aborto. Aderisce all'idea di equiparare la possibilità di sopprimere un figlio al ripudio della tortura o della riduzione in schiavitù (articoli 4 e 5 della Carta) o alla libertà di coscienza e di religione (articolo 10). Basta fermarsi un momento a riflettere per rendersi conto dell'enormità di questa assimilazione. Prima ancora che sul piano etico o religioso, sul terreno antropologico o anche solo di filosofia del diritto.
Per questo l'applauso scoccato il 19 gennaio 2022 nell'aula di Strasburgo dovrebbe far rabbrividire. Perché rischia di segnare una svolta nel pensiero comune, nel “sentiment” dell'Europa come direbbero i sociologi. Poco importa che, nei prossimi sei mesi, non c'è nessuna possibilità concreta che Macron riesca a far approvare la sua proposta. Il segnale è comunque partito, forte e chiaro. La banalità del male si riaffaccia nel Vecchio Continente?
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