mercoledì 4 marzo 2020
Le più importanti fiere enogastronomiche di settore, ma non solo quelle, sono sotto scacco per via del Coronavirus, che di fatto sta isolando l'Europa dal resto del mondo. Cancellate moltissime date di marzo, persino il Pro Wine a Düsseldorf, che pochi giorni prima era stato invece confermato; ora gli occhi sono puntati su Vinitaly a Verona, che che sarebbe dovuto andare in scena nella parte alta di aprile e che viene spostato di due mesi (dal 14 al 17 giugno). Tuttavia questo virus è arrivato come una guerra che non ha date di scadenza. Ci si appiglia ai Tg, e mai prima d'ora s'era registrato un picco di ascolti all'ora di pranzo, per attendere la notizia che si vorrebbe "comprare" – se fosse possibile. Ieri serpeggiava quella di un numero a tre cifre per le guarigioni e di un certo rallentamento, che è un dato assodato in Cina, mentre si vorrebbe lo fosse anche per l'Italia. C'è poi la notizia discordante che riguarda i vaccini: Trump parla di due mesi, gli scienziati di due anni: un conto è il desiderio e un altro la realtà. Le due cose si sono scollegate, vedendo i dibattiti in tivù, ma anche i distinguo dei partiti che usano una tragedia per animare schermaglie che alla gente provocano solo riluttanza. Fa digerire meglio la notizia, tutta da verificare, che le piogge di questi giorni, migliorando la qualità dell'aria, mitigherebbero i contagi. E intanto la Coldiretti invita ad andare nelle aziende agrituristiche perché la campagna non si ferma. Sì, è vero: neanche la vita si ferma, però questa situazione ci sta mostrando che, quando si è entrati nell'era della globalizzazione, poi è difficile tornare indietro. Siamo tutti interconnessi: lo sono le fiere che promuovono i nostri vini in quell'area di miglioramento che sono i mercati esteri, ma se vengono meno vanno in affanno gli alberghi, che stanno chiudendo a singhiozzo volontario per evitare altri costi. E così per tutto il resto: l'autarchia produttiva è un sogno che appartiene al passato, oggi vince la dipendenza, che una scellerata politica dei dazi mina alla radice. Questo per dire che, se va a rompersi un equilibrio, tutto il sistema globale vacilla, soprattutto in termini di occupazione e di squilibrio fra ricchi e poveri. Il coronavirus ha messo in luce tante ferite aperte, che poi possono trascendere nel panico, nella paura, nel razzismo addirittura, mentre oggi abbiamo bisogno di riappropriarci di ciò che la nostra civiltà ha costruito, ma soprattutto abbiamo bisogno di statisti. La politica si gioca a livello globale, e non solo quando si affaccia un'emergenza.
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