domenica 20 aprile 2003
Un misto di razionalismo in salsa di «globalismo sociale» con una spruzzatina di Renan e di Hegel, più un po' di teologia della liberazione sciolta in mezzo bicchiere di "New age". Spalmare il tutto sul Manifesto e scoprirete che «questa pasqua non è un miracolo», come scrive Enzo Mazzi (mercoledì 16), perché la «salvezza» è soltanto «nella vita mortale e limitata» di Gesù, non nella sua «sofferenza e nella morte». Nella tomba c'è soltanto il «vuoto» e, se Cristo «resta in mezzo a loro» (i discepoli) nonostante la sua «assenza», è solo perché il loro «amore è più forte della morte». La resurrezione è il frutto, «di fronte al fallimento delle speranze messianiche», di «una reazione forte, creativa» del «movimento di cui Gesù faceva parte». Bisogna «finirla con l'idolatria del risorto» e «riscrivere oggi quel vangelo», perché ciò che serve al mondo, scrive Mazzi, è capire che la resurrezione è solo «una tappa, un momento, per quanto originale, della incessante ricerca umana e, per chi vuole, divina». E poiché donne e apostoli non videro che la tomba vuota, «è il vuoto» la sua sostanza. La vera pasqua, secondo Mazzi, è solo «il passaggio» delle «religioni moderne» dall'essere «depositarie del potere salvifico» al «rinascere unicamente come animatrici dell'assenza e dell'attesa» di una pace no-global. Il «vuoto», insomma: dove la pace non è più il primo dono del Dio incarnato agli uomini, l'altra faccia della gloria di Dio, ma «il frutto del globalismo sociale» così come la guerra «è il frutto compiuto del globalismo liberista». Povero Mazzi! In questo suo antivangelo non c'è posto per
l'amore del Padre, la donazione del Figlio, l'opera dello Spirito, la speranza cristiana, la nuova creazione, il Regno di Dio. «Questa pasqua non è un miracolo», dice in sintesi il titolo. Verissimo: così è solo «assenza» e «vuoto». Per fortuna la Pasqua cristiana è tutt'altra cosa. DIO C'È Vittorio Feltri non è più agnostico? Eccitatissimo per la vittoria in Iraq, ha intensificato il tiro contro i pacifisti, ma ha scoperto (Libero, 12 aprile) che il loro corteo di sabato, «orfano dei cattolici», è una «prova dell'esistenza invisibile di Dio», perché «hanno dato forfait anzitutto i fratacchioni di Assisi illuminati dallo Spirito Santo», poi «i boy scouts, lupetti, lupacchiotti e lupi più o meno mannari» e «perfino Francesco Rutelli, custode del giardino dell'Ulivo». In più «lo sciopero dei ferrovieri» ha limitato i treni speciali. Se guardasse bene, forse Feltri riuscirebbe a vedere Dio nei volti dei morti, nelle piaghe dei feriti, nel dolore dei sinistrati e degli orfani di quella guerra che gli è tanto piaciuta. SOLIDARIETÀ Questa volta mi sento di solidarizzare con Adriana Zarri, che più volte, invece, ho "censurato". Aveva deplorato (don) Franco Barbero, giustificandone la pena canonica, ed è stata investita dalle accuse di tradimento (lettera al Manifesto, sabato 12), di alcuni fedelissimi: «È il popolo della chiesa che, solo, rende legittimi i suoi presbiteri e i suoi pastori». La Zarri ha replicato (domenica 13), denunciando «il conformismo rovesciato» di quasi tutta la stampa», che, «senza un'adeguata conoscenza», ha fatto «del prete un martire». Ma «non basta essere censurati per essere martiri».
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