Ma la lotta che è arte non è cosa da assassini
mercoledì 9 settembre 2020
Il dito e la luna, ancora una volta. La luna è quel mondo lurido, fatto di prepotenza, bullismo, violenza, razzismo, estremismo, fascismo: tutti fattori che hanno una loro, terrificante, sequenza crono-logica. La luna è il background socio-culturale dove è possibile che nascano i presupposti per far sì che un gruppo di ragazzi, con il corpo tatuato con richiami all'onore e alla difesa della famiglia, possa uccidere un ventunenne che in tutte le fotografie circolate in sua memoria colpisce per una cosa: il sorriso. La luna è quell'insieme di condizioni che fanno sì che un branco di essere umani possa prendere bestialmente a calci e pugni un giovane mingherlino che sta cercando di mettere pace, fino a lasciarlo morto a terra, con la testa deformata per la violenza dei colpi. La luna è la clamorosa sconfitta di tutte le agenzie educative, la famiglia, la scuola, lo sport che sembrano arrendersi di fronte a questa vicenda che anche solo a scriverla fa chiudere lo stomaco. La luna è il fatto che Willy, un ragazzo che giocava a calcio, sognava la Roma e, molto realisticamente, faceva l'aiuto cuoco in un hotel, amato e benvoluto da tutti sia morto su un marciapiede, sbranato da esseri viventi che non possono godere dell'immunità e dell'istinto che si riconosce agli animali. La luna è rappresentata da tutte le nostre riflessioni, tutte quelle colpe che possiamo assumerci, soprattutto tutte quelle cose che dovremmo e potremmo fare per provare a costruire un mondo migliore, dove oggi Willy sarebbe normalmente andato ad allenarsi con la sua squadra di calcio e poi a lavorare, per alimentare il suo sogno.
Il dito, invece, è quel sottolineare che gli assassini erano praticanti di una disciplina che si chiama Mma (un acronimo inglese che sta per Mixed Martial Arts, ovvero arti marziali miste) uno sport di combattimento il cui regolamento consente l'utilizzo di tutte le tecniche delle arti marziali e degli sport da combattimento, come la lotta libera o il pugilato o la kickboxing.
Il dito, alla cui osservazione qualche solone si ferma, è quello puntato non verso la luna, ma contro quello sport che determinerebbe le condizioni di questa violenza. Non è mia intenzione entrare nella valutazione di questa disciplina che non conosco e che certamente non mi entusiasma, ma qualche riflessione sulle discipline che, mixate, la compongono la voglio fare. Perché l'idea che il judo, il karate, la boxe, la lotta libera, la kickboxing (peraltro tutte discipline olimpiche) possano finire sporcate da questa vicenda meschina, rende tutto ancora più doloroso.
Così il mio primo pensiero è per Willy, che non c'è più.
Il secondo pensiero è per la sua famiglia, per il dolore immenso a cui è stata gratuitamente sottoposta, nella speranza che trovi nel nostro Paese e nella propria comunità, solidarietà e sostegno, nel presente e nel futuro.
Il terzo pensiero è per i maestri di quelle meravigliose discipline sportive, come le arti marziali o le discipline olimpiche di combattimento, perché possano assumere su di sé l'enorme responsabilità che il loro ruolo impone. Hanno la possibilità di insegnare non soltanto tecniche, ma il rispetto delle regole, dell'avversario, di se stessi. Mi vengono in mente tanti allenatori che ho conosciuto e ammirato, capaci di lavorare in posti complicati, con ragazzi complicati e con pochissime risorse a disposizione. Bisognerebbe dare loro una mano concreta, nella scuola di tutti, consapevoli che sono forse proprio questi allenatori i più efficaci insegnanti di educazione civica di cui possiamo disporre.
L'ultimo pensiero è per quegli assassini (nessuno li chiami sportivi, per carità) e per chi è nella loro cerchia: che possano almeno intuire tutta questa disumanità.
Addio Willy e, se puoi, perdona tutti: attori protagonisti, comparse e spettatori.
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