Ma gli stadi devono tornare per famiglie
mercoledì 2 novembre 2022
Spesso, da queste colonne, si sono celebrate imprese, momenti, luoghi dello sport capaci di ispirare, di essere testimonianza e dimostrazione plastica di cultura, bellezza, inclusione, diritti civili. Questa volta, no. Questa volta, su queste colonne, è impossibile non tornare a condannare fermamente per il secondo giorno consecutivo quanto accaduto sotto le luci di San Siro. Non si può evitare di chiedere alle autorità competenti di chiarire cosa sia successo allo Stadio Meazza, durante la partita Inter-Sampdoria, quando la Curva Nord, sede storica del tifo organizzato nerazzurro, ha abbandonato lo stadio dopo la diffusione della notizia dell’assassinio di Vittorio Boiocchi, capo ultrà dell’Inter. Boiocchi, come i lettori sanno, è stato ucciso in un agguato tragicamente conclusosi con una sparatoria in strada a pochi chilometri da San Siro, aveva alle spalle una storia di numerosi reati e molti anni di carcere per attività che con il calcio, nel senso sportivo del termine, non c’entrano nulla. Succedeva tutto al di fuori della Scala del Calcio (“gestione” dei parcheggi, vendita di biglietti “estorti” al club – e qui, non solo nel caso dell’Inter, occorre continuare a fare chiarezza – traffici illeciti), ma non è questo il luogo per indagare sulle ragioni di questa vicenda che ha visto un uomo di 69 anni perdere tragicamente la vita a causa di chissà quale regolamento di conti della malavita milanese. Ci penserà evidentemente la magistratura, che identificherà, speriamo prestissimo, cause e colpevoli. Qui vogliamo mettere di nuovo
a fuoco un altro aspetto, quello legato allo svuotamento “forzato” della curva, decisa dai leader della stessa, al ricevimento la notizia. Se lecito sarebbe stato andarsene individualmente, quello che è successo è stato che molte persone sono state costrette a uscire, nonostante qualcuno arrivasse da molto lontano per vedere la partita o ci fossero intere famiglie arrivate lì per assistere a uno spettacolo sportivo. Una parte di curva ha deciso per tutti e fra tensioni e minacce con metodi, definiamoli così, perentori, tutti coloro che erano lì hanno dovuto sottostare a quella decisione. La riflessione è generale e riguarda il fatto che da troppo tempo alcune curve sono un luogo al di fuori da ogni controllo. Bene, anzi benissimo, ha fatto l’Inter a sottolineare in un comunicato (arrivato per amor di verità un po’ in ritardo) la ferma condanna di quanto accaduto sabato sera, ribadendo le fondamenta del mondo nerazzurro, ovvero la fratellanza, l’inclusione, l’antidiscriminazione e ribadendo la «totale solidarietà nei confronti di quei tifosi che sono stati costretti a rinunciare all’amore e alla passione per il nerazzurro». Il punto non è soltanto quello spettacolo sportivo sottratto, naturalmente. Il punto, inaccettabile, è che ci sia un luogo del territorio di una città, la curva dello stadio, dove le regole della democrazia non valgono, dove comanda qualcuno che ha deciso di prendersi quel potere, dove spesso nascono le condizioni (e le ripetiamo, che non hanno a che fare con il calcio in senso stretto, ma con tutto ciò che intorno al calcio circola) per attività malavitose. Si sono letti, in questi giorni, commenti benpensanti che ricordavano come le curve degli stadi non siano luoghi dove andare con la famiglia a vedere una partita. Eccola la sconfitta peggiore: abbandonare uno spazio, lasciarlo in mano a chi esercita con prepotenza o con violenza un diritto non proprio, spostarsi di lato, restare indifferenti, far finta di non vedere o di non sapere. © riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: