mercoledì 20 aprile 2011
Un po' di Lacan fa sempre bene, e il libro dello psicanalista lacaniano Massimo Recalcati Cosa resta del padre? (Raffaello Cortina Editore, pp. 192, euro 14) è suggestivo e suggerente. La funzione simbolica della paternità (che Jacques Lacan denomina «il Nome-del-Padre») è in crisi nella nostra epoca ipermoderna» nella quale, oltretutto, sono stati cancellati i riferimenti religiosi. Il padre, secondo Lacan, è colui che promuove una possibile alleanza tra la Legge e il desiderio. Il pur necessario potere di interdizione che qualifica la paternità non basta; occorre che il padre sia anche donatore: «Se il padre dell'interdizione è il padre che castra il godimento (incestuoso) imponendogli un limite simbolico, il padre donatore è il padre che compensa questa rinuncia al godimento più immediato con l'offerta di un'identificazione idealizzante, con la trasmissione, più precisamente, del diritto di desiderare un proprio desiderio». Nell'epoca delle tirannìe che abbiamo alle spalle, «l'appello delle masse al Padre folle e dispotico è un modo patologico per compensare la crisi sociale dell'Imago paterna»: è il totalitarismo della Legge; all'opposto, l'antiautoritarismo del Sessantotto, è l'illusione del godimento senza regole e senza limiti, che il capitalismo sfrutta astutamente intrecciando la dimensione illusoria e di salvezza promessa dall'oggetto, con la sua vacuità di fondo, spingendo a un consumismo sempre più sfrenato che maschera una pulsione di morte che conduce a un godimento tanto illimitato quanto distruttivo. Anche il quadro dei rapporti familiari ha subìto una metamorfosi, e i genitori si sentono attanagliati da due angosce: la prima è l'esigenza di sentirsi amati dai loro figli, e proprio per essere amabili sono propensi a dire sempre di sì alle loro richieste, abdicando alla funzione di interdizione che i genitori devono avere, perché senza l'esperienza del limite, «l'esperienza stessa del desiderio viene fatalmente aspirata verso un godimento di morte». La seconda angoscia dei genitori è legata al principio di prestazione: il fallimento dei propri figli viene vissuto come il loro fallimento di genitori, e quindi assolutamente da scongiurare. Recalcati è convinto che «il nesso che unisce il desiderio alla Legge non può più essere evocato religiosamente, come un nesso stabilito da un codice valoriale pre-esistente». Non resterebbe, al padre, che la possibilità della testimonianza personale di come si possano tenere uniti Legge e desiderio, e Recalcati fornisce tre esempi tratti dai romanzi Patrimonio di Philip Roth e La strada di Cormac McCarthy,e dai film Million Dollar Baby e Gran Torino, di Clint Eastwood: quattro opere certamente importanti ma tremendamente e significativamente tristi. Quello che nel discorso di Recalcati non convince è il dare per scontato che la nostra epoca di «evaporazione del padre» sia irreversibilmente irreligiosa, mentre lo stesso Lacan lasciava aperte ampie possibilità. Inoltre, la nostra epoca non è omogenea, ci sono situazioni e movimenti di minoranza non rassegnata a restare minoranza, che vivono e promuovono, nell'alleanza tra fede e ragione, stili di vita in cui i valori umani che anche Recalcati riconosce siano ricondotti al loro fondamento. Del resto, con salutare contraddizione, Recalcati dice di non saper pregare, sebbene gli sia stato insegnato dalla madre, ma aggiunge: «Eppure ho deciso, con il consenso di mia moglie, di insegnare ai miei figli che è ancora possibile pregare perché la preghiera preserva il luogo dell'Altro come irriducibile a quello dell'io. Per pregare " questo ho trasmesso ai miei figli " bisogna inginocchiarsi e ringraziare. Di fronte a chi? A quale Altro? Non so rispondere e non voglio rispondere a questa domanda. E i miei figli, d'altronde, non me la pongono». E invece è proprio nel cercare la risposta a quelle domande che la vita può acquistare un senso plausibile, che non elimini il mistero.
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