mercoledì 8 gennaio 2020
Bas bleu, calze blu, è la traduzione francese che ha soppiantato, nell'uso corrente, l'originale inglese bluestocking, per indicare una donna letterata, saccente e un po' rompiscatole. Il nome, autoironico, viene dalla Blue Stocking Society, circolo intellettuale britannico animato da Elizabeth Montagu (1720-1800). Luciana Frassati Gawronska (1902-2007), alla quale Marina Valensise ha dedicato la corposa biografia La temeraria (Marsilio, pagine 480, euro 19), può rientrare nella categoria delle Calzeblù, sia detto con tutto il rispetto. Figlia di Alfredo Frassati (1868-1961), fondatore e direttore del quotidiano torinese “La stampa”, era sorella del beato Pier Giorgio, di un anno più giovane di lei. I due ragazzi ebbero un'educazione “spartana” dall'illustre genitore, temuto ma anche amato. Luciana si laureò in giurisprudenza nel 1923; da due anni era corteggiata dal maggiore di cavalleria Attilio Lazzarini, non gradito alla famiglia di lei. L'idillio fu troncato quando il bell'ufficiale fu trasferito nella guarnigione di Stoccarda, per interessamento di Giovanni Giolitti, di cui Frassati era amico, e di Raffaele Cadorna. Frassati, deluso dal dopoguerra, meditava di abbandonare il giornalismo: la decisione divenne inevitabile quando, nel 1920, Giolitti lo nominò ambasciatore a Berlino. Gli anni berlinesi furono per Luciana la scoperta di un nuovo mondo, dei ricevimenti, dei balli, dei contatti con artisti e intellettuali di primissimo rango. Pier Giorgio, da sempre religiosissimo, aiutava i poveri delle periferie, conducendo una vita semplicissima e austera. Nel 1925, Luciana sposò il diplomatico polacco Jan Gawronski, che ebbe la pazienza di aspettare per tre anni il sì della fidanzata. Ebbero sette figli, l'ultimo dei quali, Jas, divenne il noto giornalista e parlamentare europeo. Seguendo gli spostamenti del marito, Luciana viaggiò a lungo in Europa, consolidando la propria cultura e, sotto il nazismo e durante la Seconda guerra mondiale, rivelò notevoli doti diplomatiche e un indomito coraggio, soprattutto in difesa di amici e politici polacchi. Qui non c'è spazio per seguirla nelle sue imprese culturali e patriottiche: accenniamo solo ai suoi rapporti di mediazione tra Toscanini e Furtwängler (che di Luciana era innamorato), colleghi e poi rivali. Con la sua intraprendenza ebbe sei udienze con Mussolini, sempre in difesa di amici malmenati dal regime. Nel secondo dopoguerra, Luciana scrisse varie biografie di suo fratello, morto a 24 anni nel 1925 e, incoraggiata anche da monsignor Montini, ne promosse la causa di beatificazione: fu proclamato beato nel 1990 da Giovanni Paolo II. La ricostruzione non romanzata del contesto storico in cui operò Luciana è analiticamente sviluppata nel volume con sensibile obiettività storica. Ho incontrato Luciana Frassati una sola volta, una trentina d'anni fa, quando venne nel mio ufficio, senza essersi annunciata, per propormi la pubblicazione di certe sue poesie. Mi bastò un'occhiata per capire che l'Ares non avrebbe mai pubblicato testi così scialbi.
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