venerdì 18 settembre 2009
Sulle cure palliative «sì unanime alla legge». Ieri titolo sul "Corsera": lo leggi soddisfatto. C'era un vero ritardo, non solo su altri Paesi, ma sull'umanità come tale. La lotta contro il dolore è un dovere per tutti, e lo resta anche se la fede ci dice che l'amore può dargli un senso, ma nel caso il valore e il senso è l'amore, non il dolore stesso. Del resto la croce senza il Crocifisso è solo legno di morte, patibolo maledetto che rende tale anche chi pende da essa (Dt. 21, 23 e Gal. 3, 13). Ci sarà d'ora in poi un argomento in meno contro chi vuole difendere la vita umana come tale. Chi ha esperienza di morenti e malati terminali sa che il nemico è il dolore, non la vita! C'entra? Sì, poiché ieri nel sommario del "Corsera" leggo un auspicio, «Ora intesa sul fine vita», con riferimento alla legge sul testamento biologico. Nessuno si offenderà se Malpelo aggiunge: sì, ma senza "manovre"! Brutta parola, questa, e bene ha fatto Pierluigi Bersani a protestare che la parola «manovre» a proposito del serissimo gioco delle possibili alleanze «non gli piace» ("Unità", 13/9, p. 9). Ma allora resto più che perplesso se sullo stesso giornale, stesso giorno, dopo cotanto precedente, nell'editoriale leggo che grazie alle «manovre» ambigue della Chiesa «all'ombra dei palazzi papali, nel silenzio di cardinalizi frusciar di vesti" è iniziata la corsa al Centro». Una lettura da realtà romanzesca, cara "Unità". E anche questa "non piace". E con la protesta di Bersani fa a semplicemente a pugni. Brutta "manovra", davvero.
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