sabato 25 giugno 2011
Domani, 26 giugno, saranno 44 anni esatti dal giorno della morte di don Milani. Allora poteva parere quasi dimenticato… Ci pensavo mercoledì, leggendo "L'Unità" (p. 13: «Ragazzi di paese. Esercizi di memoria») che da "Lettera a una professoressa", pubblicata proprio in quell'anno, riproduceva un brano sulla scuola, in particolare sulla mancata educazione ai sentimenti. Dimenticato don Milani? Certo era stato emarginato, eppure è noto che fu fino alla morte – come scrive don Sandro Lagomarsini nella recentissima edizione (Lef) de "L'obbedienza non è più una virtù. Lettera ai giudici" (p. 100) – sotto «l'ombrello protettivo che su di lui aveva steso l'ammirazione di Paolo VI». Dimenticato? No. Ho già scritto che qui su "Avvenire" già nel 1977, decennale della sua morte, il suo messaggio di prete e testimone di fede fu ricordato per due giorni con una pagina intera. Era ancora Papa Paolo VI che, "segno dei tempi", proprio nella stessa data accettò le dimissioni del vescovo che certo "non aveva capito" don Lorenzo. Dimenticato? No. Di lui tante altre cose ricordate. Sempre qui, l'altro ieri, lo splendido "Mattutino" del cardinal Gianfranco Ravasi lo diceva «grande educatore» e sacerdote. Già. Va soprattutto ricordato che fu prete: volle essere sepolto, quarantaquattro anni orsono, con tutte le vesti liturgiche della Messa e con gli scarponi da montagna! Prete! Perciò la sua più bella biografia, scritta da Neera Fallaci, dalla prima edizione ha avuto e ha fino a oggi per titolo "Dalla parte dell'ultimo. Vita del Prete Lorenzo Milani".
Ecco: non ricordarlo come tale è, anche in buona fede, comunque tradirlo, e non va bene…
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