domenica 16 ottobre 2011
Uno tsunami di squallore invade e soffoca l'Italia, l'Europa e quella parte del mondo che, a ragione, chiamiamo Occidente. Infatti è a occidente che il Sole tramonta e lascia l'umanità al buio (dal latino occidere, non nel senso primario di uccidere, bensì in quello di «cadere, tramontare, giungere alla fine, andare in malora»). Domenica scorsa questa rubrica si occupava dei padri artificiali di 30, 50, persino 150 figli. Padri? Piuttosto produttori e venditori di seme, come i consorzi agrari. Oggi dobbiamo ripeterci. Dal Corriere della sera (sabato 8): «Gli iscritti sono più di 33mila, i fratellastri che si sono scoperti tali quasi novemila, i padri “ritrovati” 15mila, i visitatori del sito 10mila ogni mese». Il sito è quello statunitense del Donor Sibling Registry, ma altri ne esistono analoghi. È un'immagine di ciò cui è stata ridotta la paternità con la conquista del “diritto al figlio”. «Un uomo – riferisce il Corriere – ha confessato alla moglie, nel corso di una trasmissione televisiva, di avere 75 figli sparsi per l'America». Sempre negli Usa «si dichiara ancora “vergine” un donorsexual, la cui vita sessuale si esprime soltanto nella donazione» venale. È il quadro di un'umanità ridotta allo squallore. Come quella di cui parla l'Unità (lunedì 10): «Clonazione umana, si riparte» e descrive l'elaborazione delle cellule uovo per «ottenere un embrione umano che, sia pure in maniera atipica è stato fatto sviluppare fino allo stadio di blastocisti, dopodiché il processo è stato interrotto». Notate il linguaggio: difficile trovarne uno più cinico. Intanto Il Sole 24 Ore spinge (martedì 11) perché a Strasburgo la Grande Camera confermi l'illegittimità, già dichiarata dalla Corte Europea per i diritti dell'uomo, del divieto di fecondazione eterologa vigente in Austria, come in Italia. E pensare che questo divieto vuol salvaguardare insieme la dignità del matrimonio e del figlio, violata da una specie di adulterio col marito consenziente. A questo punto bisogna dare atto al Secolo XIX di averci mostrato (martedì 11) la chiave linguistica (si tratta di Antilingua) di questo diffuso squallore. Anticipando una relazione di Stefano Rodotà, professore emerito di diritto “civile” alla Sapienza di Roma, il quotidiano genovese si domanda: «Chi decide sui corpi?» riferendosi alla «volontà di chi del corpo è titolare». Il corpo, appunto, non la persona, del cui rispetto tratta l'articolo 32 della Costituzione, ma che così viene divisa in un corpo “altro” rispetto al suo “titolare”. È la logica su cui si fondano il commercio dei gameti, il loro uso tecnologico, l'intrusione legalizzata di estranei nella coppia coniugale, il figlio come corpo fabbricato e, non ultimo, l'aborto: il sacrificio di un corpo privato dei diritti personali e reso vittima del primario significato del latino occidere.

DITTATURE GAY
Secondo la Repubblica (lunedì 10) «nelle ex dittature è più facile il “sì”» dei matrimoni gay. Per dimostrarlo cita i casi «dell'Argentina di Videla», «della Spagna del dopo Franco», «del Sudafrica dell'apartheid» e «del Portogallo dopo la rivoluzione dei garofani» dove, spiega, finalmente «la società civile vuole affermare le libertà». A me pare, piuttosto, una triste eredità delle dittature.
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