domenica 14 agosto 2016
Erano i tempi beati in cui assaporavi la vigilia della partenza per le vacanze senza assillo alcuno. Potevi goderti quel brivido sottile che dalla pancia saliva lungo la schiena dividendosi alla fine in due tra cuore e testa e che  avremmo banalmente definito “impazienza”. Chissà perché, gli adulti non se la godevano affatto. Erano particolarmente irascibili, quindi era meglio filare in camera e non finirgli tra i piedi. Valigie, pacchi, scatole e scatolet... I bambini vintage (oggi non ci giurerei) erano essenziali. A me sarebbero bastati: pedule scamosciate, calzettoni, braghette corte in velluto a coste, camicia a quadri (addosso, quindi senza occupare il bagagliaio), un pigiama, giacca a vento, fine. Anzi no. Un bagaglio era assolutamente necessario: una valigetta con le scatoline dei soldatini Airfix. Non sarei mai potuto stare senza soldatini Airfix per due mesi!
In montagna a Folgaria si poteva stare a lungo, luglio, agosto e anche i primi giorni di settembre, se il tempo reggeva. La mamma spediva un baule colmo di biancheria, sufficiente per noi quattro, i nonni e uno zio giovane che andava e veniva. Comunque non bastava. Molti anni dopo, osservando le Trabant dei tedeschi orientali in scampagnata verso il mitico Occidente, avrei pensato: io questa scena l’ho già vista. No, l’ho proprio vissuta. Come inganna la memoria…
Nessun inganno. Mezzi disponibili: la Fiat 1100 bianca con banda grigia del papà, la Fiat 600 del nonno ribattezzata “la corriera”. Non so su quale vettura riuscissero a farci stare più roba. La 1100, con quel portapacchi bitorzoluto, sembrava un cono gelato semovente. La mamma portava giù roba, il papà la piazzava nel bagagliaio senza lasciare un buchino libero,  obbedendo a un algoritmo che si formava nella sua mente matematica, mormorava «sì, però adesso basta» ma dall’ascensore usciva un altro sacco, un sacchetto, un catino colmo di flaconi… e la mia piccolissima valigia? Non è che sarebbe rimasta a Padova? Come avrei fatto, io, senza i soldatini Airfix? Avrei giocato con il catino? Preferivo la 600 del nonno perché era un nido, un bozzolo, un baccello. Ci entravi, e un adulto ti ficcava qualcosa sotto le gambe, qualcos’altro davanti ai piedi, magari una cosa, ma piccola, sulle ginocchia. Anche in caso di sbandata, dentro “la corriera” restavi del tutto immobile, compresso dai bagagli. L’unico problema era la nonna che, priva di patente, era convinta che il nonno non sapesse guidare, pur avendo condotto i camion del Genio pontieri nel fango d’Albania, e lo sommergeva di moniti e consigli con tono militare. Il nonno in fondo era una pasta d’uomo e non la fece mai montare, magari a Lastebasse, come temevo. Anche se da Lastebasse a Folgaria ero sicuro che ci fosse un servizio di corriere, quelle vere, dove dare consigli al guidatore era vietato. Il viaggio era lungo, lunghissimo e meraviglioso. A volte la 600 si accaldava e pretendeva una sosta (a ​Lastebasse) prima di fare tutta una tirata lungo la Valle dell’Astico fino al Passo del Sommo e a Folgaria. Scaricare era semplice. Una volta recuperata la valigetta con i soldatini Airfix io ero a posto. E un angolo tranquillo per lo sbarco in Normandia lo trovavo subito. Eravamo sbarcati in vacanza, finalmente!


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