Lezioni totali, come un libro essenziale e un gran calcio
mercoledì 18 ottobre 2017
Il 15 ottobre 1923 nasce a Santiago de las Vegas, a Cuba, uno dei più grandi intellettuali italiani del '900. Il padre Mario, agronomo, si trova lì per dirigere una stazione sperimentale per la produzione di canna da zucchero insieme alla moglie Eva, botanica e ricercatrice universitaria. Eva e Mario (che la moglie definì un «apostolo agricolo sociale») danno alla luce Italo, che di quell'infanzia a Cuba dirà di non aver memoria, se non per via di quel nome di battesimo «che mia madre prevedendo di farmi crescere in terra straniera, volle darmi perché non scordassi la patria degli avi, e che invece in Patria suonava bellicosamente nazionalista».
Insomma, già l'affaccio alla vita di Italo Calvino è affascinante, avventuroso e meriterebbe una storia a sé. Tuttavia questo ricordo del suo potenziale 94esimo compleanno parte dalla fine, dal suo ultimo straordinario regalo, quelle Lezioni americane pensate per gli studenti di Harvard che rappresentano una vera visione, una passeggiata nel futuro.
Cinque lezioni scritte, una soltanto immaginata, nessuna mai potuta raccontare dalla cattedra di quella prestigiosa università perché un ictus spense per sempre il cervello di quel grande pensatore proprio prima della trasferta americana, trasformando le "lezioni" nella sua più grande eredità. Quelle lezioni si intitolano: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità e, quella solo progettata, Coerenza, e furono pubblicate postume nel 1988, con uno splendido sottotitolo: "Sei proposte per il nuovo millennio". Sei archetipi che sembrano illuminazioni e intuizioni non solo, come dichiarato, per la letteratura, ma per ogni campo possibile. Sport compreso.
Chissà se Calvino, uomo dall'intelligenza multiforme, avesse intuito leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità e molteplicità, tanto per fare un esempio, nel calcio totale dell'Olanda che aveva raggiunto per due volte consecutive la finale di un Mondiale, nel 1974 contro la Germania e nel 1978 contro l'Argentina.
Due partite distanti fra loro quattro anni, ma in realtà un continuum iniziato con quel primo minuto delle finale di Monaco, fatto di 16 passaggi olandesi e un rigore trasformato prima che un singolo giocatore tedesco avesse avuto modo di toccare la palla, e finito all'ultimo minuto del secondo tempo della finale di Buenos Aires, quanto Rensembrink colpì il palo della porta argentina negando, probabilmente per sempre, la più importante delle coppe ai tulipani. Quell'Olanda sconfitta due volte sul campo, ma indimenticabile nella memoria di tutti gli amanti del calcio, fu a sua volta all'origine del dominio del Barcellona, allenato da Johan Cruijff dal 1988 al 1996, e di quel tiki-taka che rappresenta proprio l'arte del muoversi in superficie, con leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità e certamente di quella coerenza che solo i grandi anticipatori conoscono.
Furono dunque Cruijff e Calvino, nel calcio e nella letteratura, i primi a intuire il futuro, a disegnare una mappa ben prima che la superficialità (nel senso di capacità di sapersi muovere orizzontalmente e agilmente in superficie) diventasse valore e metodo, tant'è che il verbo che, oggi, identifica il muoversi nel mondo di internet è surfare? Forse.
E però ci piace romanticamente ricordare un antesignano, un vero avanguardista, uno di quei geni meno noti alle cronache, ma che con il loro lavoro hanno davvero contribuito a cambiare paradigmi. Si chiamava Corrado Viciani e il suo momento di gloria lo visse allenando la Ternana all'inizio degli anni 70 del secolo scorso, portandola per la prima volta nella sua storia in serie A.
«Avevo degli asini come giocatori – diceva – non potevo permettermi lanci lunghi, invenzioni, fantasie. Bisognava correre, fare passaggetti facili facili, sovrapporsi». Le cronache del tempo parlano di un gioco fondato sul pressing, sul fraseggio continuo, su un gioco corto che ubriacava gli avversari, incantando un'intera città. Chi ha giocato per lui dice che il tiki-taka lo inventò Viciani nel 1971 con quella Ternana che portò «a passeggiare sulla Luna» come scritto in un piccolo e ormai introvabile libro dal titolo meraviglioso Il gioco è bello quando è corto. Calvino e Viciani, uno nato a Cuba, l'altro in Libia. Due intellettuali, della penna e del pallone, autori di opere che possono stare con uguale dignità nella stessa libreria parlandoci, entrambi, di futuro.
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