martedì 9 febbraio 2016
Ieri Adriano Prosperi, storico (“Repubblica”, p. 28: «Il peso della Piazza») ce l'ha con «i rapporti di forza tra Stato e Chiesa. Il peso politico esercitato dalla Chiesa come gerarchia ecclesiastica» è vera «egemonia»: «In pieno Giubileo cattolico della misericordia persino il Papa che ci ha abituati a prese di posizione inattese e sconcertanti si è attestato sulla più tradizionale dottrina della Chiesa in materia di matrimonio»! E qui serve la lucidità da «storico»: la vera ragione di tutto – sia «Piazza» che Papa – «è il controllo del corpo delle donne che occupa da sempre un posto di primo piano nella gerarchia maschile della Chiesa». Freme, Prosperi: chi la pensa diversamente da lui ha «una presunzione di maggioranza». E accusa: «Il vento che ha gonfiato le bandiere del Family Day è quello che spira dal mondo ecclesiastico». Leggi e pensi che Prosperi di recente sia andato in vacanza lontano, perché racconta una «grandinata continua di ammonimenti» clericali e «tutta la furia spesa nella battaglia contro la teoria del gender». Non basta: da storico raffinato ne trova anche la causa: è la pretesa, da parte di «preti, frati e monache» di continuare ad avere posto come «sostituti genitoriali monosesso» di tutti i bambini abbandonati, che l'adozione alle coppie gay sottrarrebbe loro. Appassionato, Prosperi, che ricorda quelle che lui ritiene «battaglie» vinte dai «suoi» in passato, tra il 1970 e il 1981… Non discuto. Ma qui osservo che chi di recente non è andato in letargo tra storia e cronaca ha visto che la Chiesa, intesa come la intende chiaramente Prosperi, «gerarchia ecclesiastica», si è guardata dalla pretesa di «pilotare» le piazze… E allora? Allora capisci che non è vero che la storia è sempre maestra di vita. E stavolta non c'è neppure la supplente: senza giustificazione!
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