Le «Lamentazioni» di Costanzo Festa canto di dolore sulla Roma del '500
domenica 1 marzo 2009
Straziato dal dolore di fronte alla distruzione di Gerusalemme del 586 a.C., il profeta Geremia innalzò le sue celebri "lamentazioni", raccolte nei libri dell'Antico Testamento: «Ah! Come sta solitaria la città un tempo ricca di popolo! È divenuta come una vedova, la grande fra le nazioni; un tempo signora tra le province è sottoposta a tributo. Essa piange amaramente nella notte, le sue lacrime scendono sulle guance; nessuno le reca conforto, fra tutti i suoi amanti; tutti i suoi amici l'hanno tradita, le sono divenuti nemici"». Un testo in cui dramma, poesia e senso religioso si intrecciano in una sintesi di forte carica evocativa, al cospetto del quale in età rinascimentale e barocca si sono confrontati i maggiori compositori dell'epoca " da Tallis a Palestrina, da Victoria a Morales, da Lasso a Carissimi " per dare vita a un gran numero di opere tradizionalmente intonate in occasione del Triduo pasquale, durante i riti liturgici del Giovedì, Venerdì e Sabato Santo.
L'ensemble Scandicus ha realizzato un'eccellente incisione discografica (pubblicata dall'etichetta Pierre Verany e distribuita da Sound and Music) delle Lamentationes Hieremiae Prophetae composte intorno al 1543 da Costanzo Festa (ca. 1490-1545), sommo musico che, tra le fila dei sceltissimi componenti della Cappella Sistina, prestò servizio sotto quattro diversi pontefici (Leone X, Adriano VI, Clemente VII e Paolo III). In una Roma ancora profondamente scossa dal terribile "sacco" imperiale del 1527, adattare in musica le parole di Geremia acquistava la valenza di un monito universale e senza tempo al pentimento, alla conversione, alla preghiera e al timore della potenza della punizione divina. L'interpretazione del gruppo vocale francese pare proprio indugiare sulla natura intimamente simbolica e meditativa del testo, attraverso una lettura nobilmente mesta e insieme soave che nulla concede al facile effetto, ma scava nel profondo dei raffinati ceselli teorici e compositivi della partitura per far risaltare la raffinatezza della scrittura polifonica, ogni minima sfumatura espressiva e, soprattutto, il valore assoluto della parola sacra; unico punto di riferimento e fonte di riscatto sicura di fronte alla precarietà e alle debolezze del genere umano.
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