Le trentacinque opere irrigue incompiute che frenano l'agroalimentare
domenica 22 ottobre 2017
Poco dopo l'unità d'Italia, ci si mise tre anni a costruire il canale Cavour, cioè l'opera irrigua più importante d'Europa. Oggi in Italia ci sono 35 opere irrigue incompiute che fino ad oggi sono costate 650 milioni di euro senza per ora nessun beneficio. Il paragone è stato fatto qualche giorno fa dall'Associazione Nazionale dei Consorzi per la gestione e la tutela del territorio. Certo, l'ANBI – cioè l'associazione che per eccellenza si occupa di bonifiche e irrigazioni –, parla da un punto di vista particolare. Occorre poi fare i conti bene e tenere presente le diverse condizioni sociali e sindacali di allora rispetto ad oggi. Ma, se per questo, anche le tecnologie odierne
sono certamente più efficaci e incisive rispetto al passato. Rimane il fatto. Oltre 150 anni fa, un'opera di 83 chilometri di alveo, con 101 ponti e 210 sifoni venne costruita in 36 mesi: oggi si affoga nella burocrazia e nei costi, trascinati a fondo dall'incertezza decisionale.
I Consorzi ovviamente protestano – con ragione – e prendono proprio il canale Cavour a loro simbolo, chiedendo attenzioni e investimenti che probabilmente non potranno ottenere mai ai livelli che sarebbero necessari.
È indubbio, comunque, che proprio dalle infrastrutture – per l'agricoltura irrigue ma anche viarie e di trasformazione –, passa buona parte della spinta alla crescita del settore agroalimentare. Che comunque non sta fermo. Basta pensare all'ennesimo nuovo traguardo raggiunto dalle esportazioni di prodotti alimentari e bevande che sono cresciute (stando ad alcuni ultimi dati disponibili riferiti ad agosto), del +9,1%. Un cammino che davvero va di massimo in massimo – nel 2016 le vendite all'estero erano già arrivate a 38,4 miliardi –, e che potrebbe alla fine dell'anno far raggiungere e oltrepassare la soglia dei 40 miliardi di euro di export agroalimentare nazionale in giro per il mondo. Spopoliamo in Europa (dove le vendite sono cresciute del 9,5%), ma anche fuori dall'Unione (dove le esportazioni sono aumentate dell'8,6%).
Numeri positivi, quindi, che potrebbero crescere ancora se la competitività nazionale riuscisse ad esprimersi ancora meglio vincendo per esempio fenomeni come la concorrenza sleale fatta di contraffazioni e frodi (anche se
moltissimo si sta già facendo). Numeri però che in qualche modo contrastano con l'immobilità di altre parti dell'agroalimentare nazionale e soprattutto con quelle difficoltà ad investire di cui si diceva prima. È una situazione che fa arrabbiare, soprattutto perché abbiamo fatto vedere varie volte di essere capaci di fare e bene. Il canale Cavour in effetti è lì a dimostrarlo, dopo oltre 150 di vita.
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