sabato 1 ottobre 2011
«In Italia non sono seguiti, non hanno spazio», lamenta Uto Ughi guardando con passione la sua orchestra giovane mentre accorda i violini qualche minuto prima dell'inizio del concerto. “Uto Ughi per Roma, la città si accende di musica” è il programma che il grande violinista offre con la sua preziosa partecipazione e con l'orchestra di giovani appassionati di questa arte a chi vuole lasciarsi trasportare per qualche sera in un'atmosfera dove dimenticare gli affanni quotidiani. Nella luce dimessa della chiesa di Santa Sabina all'Aventino, dove anche i mosaici dell'abside con il Cristo appoggiato alle sue nuvole circondato dai fedeli sembrano richiamare il pubblico al silenzio e all'attesa delle prime note della Pastorale di Beethoven. Allora non ci sono più questi ragazzi con i loro violini ma si apre la campagna piena di sussurri, dello scorrere dell'acqua di un ruscello tra i giochi di un'allegra brigata di fanciulli ed è quasi inaspettato il temporale che tutto disperde lasciando nell'aria la gioia e la pace. Guardo questi ragazzi e penso come sarà la loro vita, quali speranze coltivano nella loro mente. Forse la musica li rapisce e fa loro dimenticare cosa c'è al di là di queste mura, le realtà dure dei nostri giorni, le risposte che dobbiamo a questo clima di incertezza e di timore che ha coinvolto tutti i Paesi del nostro continente. L'Europa alla quale abbiamo attribuito una eccessiva sicurezza di salvataggio, gettando ognuno i nostri problemi insoluti nel suo grembo, ci pare meno forte, meno coraggiosa, meno seriamente impegnata al bene comune. Ci accorgiamo d'improvviso che dobbiamo pagare da soli gli errori, le debolezze, le fantasie di grandezza che avevamo ascoltato senza prendere coscienza delle nostre realtà. Tutto questo ci fa perdere equilibrio e saggezza di scelte possibili. D'improvviso l'orchestra riprende con le note forti della Quinta sinfonia in do minore e mi vedo in una piccola stanza della casa di mio padre raccolti attorno a una radio che trasmetteva le notizie di guerra da Londra. L'inizio della trasmissione era dato dalle prime note di questa sinfonia. Era la guerra, i nostri soldati morivano, male equipaggiati nelle nevi della Russia, nei deserti d'Africa davanti ai carri armati degli eserciti avversari in una difesa disperata. E noi che ascoltavamo con le finestre ben chiuse queste notizie avevamo il cuore stretto per la sorte dei nostri fratelli mentre l'animo sperava in una fine del conflitto diventato insostenibile e allargato a tutto il mondo. Suonano i ragazzi di Santa Sabina, gridano i violini, i clavicembali trasmettono la loro passione alle corde tese e i visi giovani sanno di riscrivere l'intensità di sofferenza e di gloria di un genio senza tempo. L'umanità con tutte le sue debolezze, viltà e violenze si redime attraverso questa arte che non conosce confini né teme barriere di inciviltà politica o sociale e regala l'unica ricchezza che non si può perdere: l'amore per ogni cosa creata, per ogni vita che nasce, per ogni essere che sparito ai nostri occhi, continua a vivere al di sopra di noi.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: