giovedì 1 luglio 2004
Se non si concede all'individuo nessuno spazio di libertà, la società non progredisce; se gli si permette di rompere ogni freno, la società perisce. Il dibattito sulle regole è ritornato vivo ai nostri giorni dopo un periodo di eccessi sul versante opposto, secondo l'oscillazione di un pendolo che ritma la storia. Un fervore quasi apostolico nei confronti del cosiddetto "libero mercato" che non doveva essere impedito da norme troppo coattive, sta sollecitando per reazione il ritorno all'intervento della società e dello stato perché sono evidenti i risultati perversi di questo "liberismo" sfrenato. Conservare l'equilibrio tra libertà e regole è certo difficile ma dev'essere la stella polare del retto governo della cosa pubblica, come suggerisce la frase oggi proposta, dello scienziato inglese Thomas Henry Huxley (1825-1895). Individuo e società non sono due realtà antitetiche ma sono componenti che si completano reciprocamente. Da un lato, la persona deve potersi espletare nelle sue capacità e nei suoi doni, altrimenti si avrebbe solo una prigione o una caserma. D'altro lato, la società deve equilibrare la molteplicità degli individui per impedire la degenerazione in anarchia, in confusione o in prevaricazione. Tutto questo vale nella famiglia e nella stessa Chiesa, se stiamo all'esempio paolino del corpo e delle membra, della carità e dei carismi (1 Corinzi 12-14). Come si diceva, ora - dopo una fase di "liberalizzazione" costante - è forse necessario tirare i remi in barca e avere il coraggio di verificare con un po' di rigore le norme della navigazione, altrimenti - come scriveva Huxley - si corre il rischio non di progredire ma di perire.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: