sabato 26 febbraio 2011
Il cuore ha le sue prigioni che l'intelligenza non apre.

C'è una frase dei Pensieri di Pascal che è divenuta proverbiale: «Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce» (n. 277 ed. Brunschvicg). Frase che è stata commentata dal Piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry così: «Non si vede bene che con il cuore: l'essenziale è invisibile agli occhi». Il poeta francese Marcel Jouhandeau (1888-1979), nel suo saggio De la grandeur, ribalta la dichiarazione pascaliana ricordandoci, non a torto, che il cuore ha compartimenti stagni, invalicabili alla ragione. E allora, pur celebrando la grandezza di una conoscenza che non è solo quella razionale, pur esaltandone la bellezza e il fascino e accogliendone la "grammatica" che le è propria (pensiamo al linguaggio e alla visione tipica dell'amore, dell'arte e della stessa fede), dobbiamo ammettere il rischio che è insito anche nel cuore e nelle sue vie conoscitive.
«Nelle grandi cose lo spirito è niente senza il cuore», annotava il cardinale secentesco di Retz nelle sue Memorie. E aveva ragione. Ma aveva ragione anche il libro biblico dei Proverbi quando condannava come stolto chi confida solo nel suo cuore (28, 26), poiché esso custodisce al suo interno camere oscure, ove si annidano grovigli di vipere ed esplodono follie. La persona umana ha, allora, bisogno di entrambe queste luci che guidano il suo conoscere e agire: il cuore e la mente, l'intuizione e il pensiero, la coscienza e la ragione, il sentimento e l'intelligenza. Come si deve purificare l'intelletto dagli idoli ideologici, così si deve imboccare l'ascesi delle passioni, delle emozioni, degli impulsi interiori. Paradossalmente ci aiuta a conservare questo equilibrio ancora Pascal quando " come abbiamo già altre volte avuto occasione di ricordare " ci ammonisce a evitare «due eccessi: escludere la ragione, non ammettere che la ragione».
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