Le parrocchie e i social network: dalla cronaca un caso da studiare
venerdì 2 giugno 2017

La storia online e su carta l'ha già raccontata benissimo, qui su “Avvenire”, Gigio Rancilio, e non ci sarebbe proprio niente da aggiungere. Sto parlando del parroco di San Michele Arcangelo e Santa Rita a Milano Corvetto, don Andrea Bellò, e di come si è rivolto, tramite Facebook (pagina pubblica, non profilo personale), all'anonimo autore di una scritta pro aborto e offensiva comparsa sul muro della sua parrocchia.
Se non fosse che, anche grazie al racconto di Avvenire (e poi dei siti di Famiglia Cristiana, di Aleteia e, tempo dopo, di Repubblica Milano e Corriere Milano) e a quelli degli estimatori e condividenti delle prime ore, i “numeri” della pagina Facebook della parrocchia, nel momento in cui sto scrivendo, dicono: 12mila “mi piace” e affini, 1.100 commenti e 5.800 condivisioni. Sono cioè triplicati nel giro di 24 ore o poco più. Sulla pagina Facebook di “Avvenire” sono piovuti, in quello stesso arco di tempo, 2mila “mi piace”, 118 commenti e ben 2.350 condivisioni. Su quella di “Famiglia Cristiana” 594 “mi piace”, 23 commenti e 168 condivisioni; del tutto simili i numeri raggiunti da “Aleteia”. Tutto ciò fa di questa vicenda un caso di studio sul modo in cui le parrocchie possono efficacemente stare sui social network.
Per quanto ne avessi una grande curiosità, ho rinunciato a leggere “tutti” i mille e più commenti. Ma ho visto che, per la maggior parte, quelli che parlano intendono approvare lo stile con il quale don Andrea Bellò ha reagito al gesto. Lo stile del parroco (e l'apprezzamento dei social) è anche il fuoco della titolazione con la quale le tre fonti d'ispirazione cristiana che ho citato hanno presentato la storia. Era lì, secondo il loro giudizio (e anche secondo il mio) la notizia. A dire il resto bastava la foto che la illustrava, anch'essa proveniente da Facebook. Solo il titolo di “Repubblica” ha insistito tanto sulla reazione quanto sulla scritta che l'ha generata. Definendola per quel che è, «blasfema», ma senza convincere i (pochi) intervenuti nei commenti.

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