venerdì 10 febbraio 2006
La lettura delle massime e dei detti ha un effetto analogo alla lettura delle enciclopedie di medicina che ci fanno scoprire in noi i sintomi di tutte le malattie che descrivono. Anche se il suo cognome è analogo a quello del più celebre filosofo del Settecento, Robert de Montesquiou (1855-1921) è stato uno scrittore di tutt'altro genere, attento più che al diritto e all'etica, alla mondanità parigina ritratta con ironia. Oggi di lui propongo una considerazione che riguarda da vicino me e i miei lettori. Anche
se non si può dire che io proponga ogni giorno detti o massime, certo è che le citazioni scelte hanno il compito di stimolare un esame di coscienza su vizi e virtù, su temi morali ed esistenziali. A questo punto è forse condivisibile l'asserto di questo scrittore francese amico di Proust, anzi auspicabile. La rubrica raggiungerebbe il suo scopo se creasse ogni giorno un piccolo fremito dell'anima, con la segreta confessione di essere stati colpiti nel segno. Certo, non bisogna esagerare nell'autocritica, diventando talmente scrupolosi da perdere la serenità dello spirito, così come accade -
per altro verso - a un mio amico che a furia di compulsare enciclopedie mediche e seguire programmi come "Elisir", si ritrova coi sintomi di tutte le malattie, proprio come indicava Montesquiou. È, però, da dire che lo scrupolo eccessivo è una sindrome dell'anima piuttosto rara ai nostri giorni nei quali impera la banalità, la superficialità, l'irresponsabilità, la costante auto-assoluzione. E allora, ben venga l'effetto "inquietante" delle massime, fermo restando però quello che un altro francese, il ben più grande Pascal, osservava proprio riguardo ai detti morali nei suoi Pensieri: «Tutte le buone massime sono già nel mondo: non manca che d'applicarle!».
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