venerdì 2 settembre 2016
Mi capita, se vedo un film noir, di scoprire anticipatamente il colpevole e questo toglie molto il gusto della prosecuzione. Non so se sto diventando uno stregone, ma questa sensazione si va intensificando anche con altri generi, magari romanzeschi. Allora mi sento afflitto da una specie di noia preventiva, come uno che cerca la nuova primavera nel tardo autunno. Non così con la seguente storia; ascoltandola, mi ha disvelato una lontanissima memoria sepolta. Un monaco russo s'imbatte in un uomo che spinge una carriola carica di massi. «Che fai?» gli chiede, e questi: «Non vedi? Porto dei massi». Poco dopo s'imbatte in una seconda identica situazione. «Che fai?» ripete il monaco. L'interlocutore risponde: «Non lo vedi? Sto guadagnando il pane per la mia famiglia». Il frate pellegrino procede oltre. Incrocia così una terza stessa scena. Uguale domanda del nostro viandante all'affaticato trasportatore di grosse pietre, la cui risposta non tarda a venire.: «Sto portando questo materiale per la costruzione di una chiesa di Cristo». Il pellegrino sorride, intuisce una scala con tre pioli che sale verticale. La greve fatica può essere solo se stessa, ma anche nobilitata a diventare pane e divenire poi senso verso il cielo. La pietra, se vi si bussa, può rispondere con il segreto della divinità.
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