Le buone regole per non allontanare gli italiani dalla politica avvelenata
sabato 6 marzo 2010
Abusando solo per un momento del linguaggio allegorico o figurale, potrei dire che in Italia l'universo della comunicazione politica è diventato un inferno (con i suoi diavoli e le sue bolge), un purgatorio (in cui scontiamo le nostre colpe), un limbo (dove gli innocenti e i giusti aspettano la luce). Vige uno stupido eccesso di "libertà di parola" che toglie verità alle parole e ne "censura" il valore comunicativo. In linea di principio la libertà di espressione e di opinione non può essere negata. Di fatto, però, nessuna persona libera e dotata di buon senso può pensare che si possa sempre dire tutto, buttando fuori in ogni circostanza tutto quello che si ha in corpo. La parola scritta, con le sue regole, tende a creare un certo filtro e fair play nelle discussioni e nelle polemiche che il talk show televisivo ha spettacolarmente travolto, trasformando la differenza di opinioni in un assurdo teatro della crudeltà recitato da saccenti liceali senza freni inibitori. Così gli italiani davanti al video si sono abituati a divertirsi rimescolando la propria nausea. Se la trasmissione mette in campo dieci invitati, ognuno di loro dovrà rassegnarsi a confezionare frasi ad effetto, a urlare o a vedersi togliere la parola: mentre gli spettatori saranno certi di non averci capito niente dopo essere stati due ore davanti al video.
Era giusto che il rapporto fra regole del discorso e democrazia fosse analizzato filosoficamente con strumenti sofisticati. Lo ha fatto Franca D'Agostini in un libro di cui c'era bisogno: Verità avvelenata. Buoni e cattivi argomenti nel dibattito pubblico (Bollati Boringhieri). Il messaggio dell'autrice è duplice. Da un lato ci viene ricordato che una comunicazione pubblica insensibile a verità "non di parte" si autodistrugge e allontana i cittadini dalla politica. Dall'altro si richiama la filosofia alla sua funzione dialogica, al rispetto delle evidenze e all'esame critico degli argomenti. Non c'è logica senza etica. Per ragionare e comunicare bene bisogna volere con intelligenza il bene comune.
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