sabato 26 maggio 2012
Ci vuole il corpo. Occhi, mani, piedi, ovvio. Poi intelligenza, equilibrio, volontà, buona volontà, e anche questo è ovvio. Poi la dignità. E qui tocca fermarsi, perché il lavoro rende liberi è stata bestemmia immonda e pronunciarla è indecente. Adesso il lavoro è purchessia. Per poco, per caso, per raccomandazione, comunque arrivi, ad ogni prezzo, ad ogni tempo. La vita è altrove. E giù e giù e giù per la malebolge dei diritti e della dignità, nelle mani di ruffiani e seduttori, adulatori e lusingatori, simoniaci, indovini, astrologhi e streghe, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri di frode, scismatici e seminatori di scandali, e falsari di metalli, di monete, di persone di parole. Tutto già stato e già scritto. Ma non sempre, non in ogni luogo, non per sempre si deve vivere piegati di rimorsi per quel che permettiamo.Non c'è libertà che non sia anche quella materiale dal bisogno e il lavoro lo vogliamo però adesso che il lavoro che cerchiamo non c'è, possiamo rovesciare il mondo e diventare esigenti sul lavoro che inventiamo. Più leggero sulla terra, più insieme e meno contro, più libero, più nostro. Un ricominciare che i giovani amano fare, un viver di poco, di quel tutto che ci basta. Essere liberi, donne e uomini.
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