venerdì 25 marzo 2011
L'importanza del conservare le labbra chiuse, che si toccano l'un l'altro, ci è insegnato anche dalla sillaba sacra indiana om. L'ultima lettera di questa sillaba richiede che le labbra si chiudano a salvaguardare ciò che non è ancora manifestato. Il silenzio di Maria non è assenza di parole, ma riserva di parole ed eventi futuri non ancora manifestati. Maria porta in sé il mistero del non ancora accaduto.

Nei Vangeli Maria parla solo sei volte e " tranne nel caso del Magnificat " si tratta di frasi brevissime, mozziconi di parole. È la settima la sua maggiore dichiarazione, cioè quella custodita nel suo silenzio. Ce lo ricorda una filosofa e psico-analista belga, Luce Irigaray, con queste righe che mettono in scena l'annunciazione di Maria, affidata a due sue frasi simili a un soffio: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?... Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola!». Il resto è silenzio ed è in quello spazio tacito che si colloca lo spirito generatore. Come scrive ancora Irigaray, «partorire un bambino divino significa portare alla luce una nuova epoca della storia dell'umanità».
Dobbiamo, allora, imparare la grammatica del silenzio, una lingua difficile, tipica della fede: "mistica" e "mistero" derivano, infatti, dal verbo greco myein che, per essere pronunciato, costringe a chiudere le labbra " come accade per la sillaba sacra indiana om " e che significa appunto «tacere». Il silenzio è la lingua ultima degli innamorati veri che raggiungono l'apice della loro eloquenza quando tacciono e si guardano negli occhi. La contemplazione silenziosa è anche l'anima della spiritualità alta. Chiudiamo, perciò, più spesso le labbra, impedendo un flusso vano di chiacchiere per salvaguardare la ricchezza che è in noi e che non dev'essere svelata in modo sguaiato e scomposto.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: