La trappola dei social e la deriva di Twitter
venerdì 31 marzo 2023

«Internet è diventato asfissiante». La tesi di Geert Lovink, teorico dei media e fondatore dell’Institute of Network Cultures di Amsterdam, è severa. Ma non è campata in aria. Chiunque di noi l’ha provata sulla propria pelle: le nostre vite digitali ci sembrano sempre più una sequenza di giorni tutti uguali, dove si mescolano continue notifiche e messaggi, liti social (cambia solo l’argomento) e contenuti scelti per noi dagli algoritmi che ci mostrano solo una piccola fetta di idee e di mondo e non sempre le migliori. Per dirla con Lovink «siamo intrappolati dentro ai social e ai loro meccanismi, incatenati al modo in cui gli smartphone ci forniscono informazioni». La soluzione, secondo lui, è usare «l’immaginazione collettiva per riprenderci internet». La frase suona bene, ma l’amara verità è che nessuno sa come fare per renderla davvero operativa.
Prendete Twitter, il social acquistato quattro mesi fa da Elon Musk. Quello che sappiamo tutti è che in poco più di 120 giorni ha già visto crollare il suo valore del 50%, ma l’aspetto più importante è un altro: la piattaforma sta cambiando in maniera sostanziale, tradendo la sua filosofia. L’ultimo colpo arriverà fra poche ore, quando gli utenti certificati di Twitter (quelli con la spunta blu, per intenderci) perderanno il loro status. Qui serve una spiegazione: il bollino blu non era un privilegio, ma solo la segnalazione agli utenti del social che l’account che l’aveva ottenuto era «autentico e di interesse pubblico». Fra qualche ora invece diventerà un bonus che chiunque potrà avere, a patto di pagarlo 8 dollari (in Italia 7 euro al mese). Chi acquisterà la spunta blu avrà una maggiore diffusione dei propri post, mentre chi non pagherà sarà penalizzato. Chi aveva già ottenuto la spunta blu la perderà. Musk la definisce una questione di equità, ma è una bugia. Tanto più che, come ha scoperto Platform, su Twitter esistono già oggi decine di «profili super vip» (alcuni di commentatori di ultradestra) ai quali la piattaforma riserva un trattamento speciale in fatto di visibilità. Insomma, la «partita» è già truccata.
Per non parlare della campagna di Musk contro i giornalisti e i giornali. Chi l’ha criticato è stato sospeso o silenziato dalla piattaforma. E da qualche mese i profili di tutti i giornali del mondo sono penalizzati. Un esempio per tutti: il profilo del New York Times, il più importante quotidiano del mondo che su Twitter ha 55 milioni di follower, raggiunge al massimo con i suoi post lo 0,4% di chi segue la testata. Tutto questo accade perché Musk vuole dimostrare al maggior numero di persone che sul suo social i giornali contano sempre meno. Come sostiene TechCrunch «Musk sta trasformando Twitter nell’opposto di una meritocrazia, passando dal libero accesso alle informazioni alla disinformazione a pagamento». C’è un altro punto interessante che solleva TechCrunch: «Il fatto che il nostro sistema consenta così facilmente di usare la ricchezza come un’arma per distruggere spazi e strumenti di valore dimostra una volta di più come costruire qualcosa di prezioso nel digitale, che si tratti di conoscenza, esperienza o una rete a cui vale la pena partecipare, sia davvero molto difficile. Ma distruggere tutto sia
facilissimo».
A certificare la deriva di Twitter c’è uno studio condotto da SimpleTexting che l’ha messo al primo posto nella classifica dei social più tossici. A rendere le cose ancor più complicate, come sostiene anche Lovink, è il fatto che esempi alternativi di qualità, come Mastodon, non riescono a trovare lo spazio che meritano. E in parte anche per colpa della pigrizia di noi utenti.© riproduzione riservata

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