sabato 24 febbraio 2024
Nell’orto di una missione in Amazzonia, a Boa Vista, molti anni fa. Ai margini di una foresta: alberi immensi, canti di uccelli mai sentiti, sbalorditivi i colori dei fiori. Stavo seguendo una suora nell’orto. Rigoglioso orto ben coltivato dalle mani di una veneta bonaria, solida, sui cinquant’anni. Con la sua veste bianca zappava e raccoglieva qui e là, agile, sapiente. Ma, con un piede urtò un sasso, e ne schizzò fuori un serpente: lungo, spaventevole. In un attimo, in un contorcersi rapido e diabolico di spire, scomparve. Io, ammutolita. La suora alzò gli occhi, vide la mia faccia e scoppiò a ridere. «Ma.. era velenoso?» balbettai con poco fiato. Rise di nuovo lei, una risata cordiale, ampia, sulla faccia forte da figlia di poveri, figlia di contadini. «Velenoso? Tutto è velenoso, qui!» esclamò, serena, un sacco divertita dal mio spavento di milanese. Che donna. In cucina una mattina spuntò dal nulla uno scorpione grande come un uovo, la coda maligna levata all’ insù. Io, sul punto di svenire. Lei, un colpo con la scopa di saggina, e via. Ben altro che scorpioni aveva affrontato, in trent’anni in Amazzonia. E com’era lieta, in quell’angolo miserabile di mondo, com’era fiduciosa. «Velenoso? Tutto è velenoso, qui!». Il tuo sorriso contento ancora lo vedo. Tutto velenoso nella foresta - ma dentro una fede assoluta. In tempi ombrosi, ricordarti mi fa bene al cuore. © riproduzione riservata
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