La straordinaria impresa di sette donne in Nepal
giovedì 20 febbraio 2020

Come molti giovani, anche Stephanie a 22 anni sognava «di fare la differenza nel mondo». Era il 2008; in Nepal, ultima tappa del suo viaggio in Asia prima del ritorno in Australia, vide sette donne disabili poverissime che lavoravano in una catapecchia di latta ai margini di Khatmandu. Mostravano segni di ritardo mentale e di menomazioni fisiche, «ma nello stesso tempo un grande potenziale – racconta Stephanie ad Avvenire –: volevano progredire, avevano un gran desiderio di guadagnarsi la dignità attraverso il proprio lavoro», a dispetto delle feroci discriminazioni che in quella zona del mondo colpiscono sia le donne sia i disabili. Quelle sette donne malridotte e reiette, che confezionavano modeste candele e saponette da vendere ai turisti, aspettavano solo lei. Con gli ultimi 200 dollari pagò due maestri artigiani che insegnarono loro a preparare prodotti migliori: sciarpe, borsette, guanti e cappelli, maglioni lavorati ai ferri.

Stephanie Woollard

Stephanie Woollard - Da Facebook

Quel giorno Stephanie Woollard tenne a battesimo “Seven Women” (sette donne); 12 anni dopo, l'attività di artigianato è cresciuta seguendo i principi del commercio equo e solidale. Più di mille donne confezionano i prodotti nei propri villaggi in diverse regioni del Nepal, godendo di un reddito che le libera dalla povertà e dalla sottomissione. Di pari passo è cresciuta la formazione: oltre 5mila donne svantaggiate – madri sole, disabili, vittime di violenza domestica o giovanissime in fuga da matrimoni precoci – hanno seguito corsi a Khatmandu per diventare imprenditrici di sé stesse. Alcune sono ritornate nei propri villaggi, aprendo una micro attività, la maggioranza ha trovato lavoro nella capitale nel settore del turismo, sciogliendo quei lacci e quegli stigma che nel Nepal patriarcale imprigionano le donne, soprattutto le più vulnerabili.

Si calcola che tra il 60 e il 70% delle nepalesi abbiano subito violenza domestica; emblematica è la sopravvivenza della crudele tradizione della chhaupadi, la segregazione della donna, ritenuta impura, nel periodo del ciclo. Il tutto in un Paese in cui il 25% della popolazione vive al di sotto della soglia della povertà e che nel 2016 figurava al 144esimo posto su 187 nella classifica dell'Indice di sviluppo umano.


Anno dopo anno, “Seven Woman” è diventata un'impresa sociale straordinaria; oltre a commerciare prodotti himalayani equi e solidali in tutto il mondo, dal 2014 a Kathmandu gestisce un Centro dove i turisti ricevono dalle donne lezioni a pagamento di cucina nepalese, di artigianato e di lingua. «Il potenziamento economico è molto più del semplice fatto di avere un lavoro – spiega Stephanie Woollard ad Avvenire dalla sua casa di Melbourne, da dove coordina le mille attività della sua associazione –; riguarda il raggiungimento dell'indipendenza, il porsi obiettivi e sentirsi parte di una comunità. E il 100 per cento dei profitti di Seven Woman resta in Nepal, nelle mani delle donne svantaggiate». Da ieri è aperta una locanda con 13 camere, un'accoglienza tutta al femminile per un «viaggio che cambia la vita».

La bionda, energica, trentenne australiana in questi anni ha raccolto decine di menzioni e di premi per il suo impegno nel miglioramento delle condizioni di vita delle donne nepalesi: nel 2017 è stata nominata Donna del decennio al Women's Economic Forum. Il suo motto è «La nostra vita è il nostro messaggio»; a 22 anni era solo un'intuizione. Oggi, a 34, è l'impegno di ogni giorno.

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