domenica 28 agosto 2011
Su Sette, supplemento del Corriere della sera (venerdì 26), due pagine per raccontare il dramma di una donna «costretta ad andare a Lugano per abortire con la pillola RU-486, per essersi scontrata con un'Italia kafkiana». Tutto è cominciato – scrive lei in prima persona – quando «in sogno ho capito di essere incinta» e poi «ho avuto l'assoluta certezza di aspettare un bambino» dopo un test in farmacia. Tutto il suo dramma descritto è consistito nelle poche pratiche burocratiche imposte dalla legge 194: telefonata, consultorio, ecografia, dialogo con un medico, appuntamento in ospedale. La spaventa la paura di doversi mettersi in coda: «Non posso che arrabbiarmi con il mio amato Paese che costringe donne distrutte dall'ansia a un'incivile attesa». Sul treno verso la Svizzera, però – come lei kafkianamente racconta – «ho iniziato a capire quanto potrebbe essere bella una gravidanza, ma ho un solo pensiero fisso: uscire da questo incubo». Le sarebbe bastato usare subito il biglietto di ritorno, prendere lo stesso treno e godersi la sua gravidanza a Milano, in compagnia del suo bambino. Non è neppure single: ha un «compagno». Niente: eppure tra tutte le righe di quelle due pagine fitte fitte, non si riesce a trovare un motivo di qualche consistenza per andare ad abortire. Non certo per motivi economici («Sono privilegiata, perché mi posso permettere di pagare 650 euro per un aborto») né per altri. Lo scrive lei: «Ho un'assoluta e profonda certezza: non sono pronta, non è il momento, non lo voglio». Tutto qui: «È un mio diritto». Domanda: chi è kafkiana, l'Italia o lei?

LA LINGUA DEI MEDIA
I giornali parlano anche e soprattutto con il linguaggio dei titoli, ma a volte…
Sulle tasse che la Chiesa non pagherebbe c'è stata, la settimana scorsa, una specie di festival laicista da vecchio anticlericalismo. Con qualche episodio su cui riflettere. L'Unità, per esempio, scrive (martedì 23) che «non è accettabile tagliare la spesa sociale lasciando ai cattolici una specie di esclusiva su questo terreno». Un caso di gelosia assistenziale? Oppure, sul Corriere della sera (lunedì 22), un'involontaria «morale della favola». In prima pagina sotto un articolo critico del «ruolo della Chiesa», ecco il titolo della rubrica psico-sociologica di Francesco Alberoni: «Se aiutate qualcuno, non aspettatevi gratitudine». Già, se la Chiesa dovesse aspettarsi i ringraziamenti dello Stato per tutto quello che fa per gli italiani e soprattutto per i più poveri, i più malati, i più piccoli, i più soli…

L'ALBERO LAICO DELLA VITA
Sul Corriere della sera (mercoledì 24) il notissimo genetista Edoardo Boncinelli presenta «il vero albero (laico) della vita». Un essere vivente, scrive, è «un aggregato di materia organizzata limitata nel tempo e nello spazio, capace di metabolizzare, di riprodursi e di evolversi». Più poeticamente: «Siamo figli di una gigantesca fiamma che brucia lentamente». Manca, però, la spiegazione del come la fiamma si sia accesa né il perché e tutto si ferma al dato della fisicità o corporeità della vita. All'albero laico di Boncinelli manca, insomma, quello che Ferdinando Camon definiva su Avvenire, lo stesso giorno, «la parte della vita che non è il corpo». Come farebbe Boncinelli, senza quella parte, a pensare?
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