mercoledì 17 luglio 2019
C'è una connessione fra la politica e la fiducia? O meglio perché succede che a un certo punto un'economia si rimette in moto, quando tutto sembrava perduto? Merito della politica oppure di un sentiment tutto italiano che non può stare fermo di fronte a potenziali opportunità?
Me lo sono chiesto sabato pomeriggio a Usseglio, ultimo paese delle Valli di Lanzo, dove la strada finisce di fronte a pascoli e monti. Un paese che non ha più una banca (non c'è neppure il bancomat), per cui devi scendere a Viù, che è il centro di mezza valle dove ci sono un po' più di servizi. Un tempo ad Usseglio il turismo era fiorente e anche la reputazione della Toma di Lanzo era altissima. Dieci anni fa mi invitarono alla medesima festa (che quest'anno si dipana in due week end, quindi anche il prossimo), ma il clima era da remi in barca, quasi di abbandono annunciato. Dopo dieci anni ho trovato un clima decisamente opposto. Sei giovani hanno accettato di dialogare con me: chi alleva la vacche dell'autoctona razza Barà, chi s'è messo a produrre zafferano, chi invece, come Giorgina, che ha provato a essiccare le mele per proporre un aperitivo speciale. C'è Paolo con Cinzia che ha puntato sulle capre di razza Saanen per produrre yogurt e anche il celebre Cevrin di Coazze, un formaggio di capra che fa parte del mito di queste valli.
La figura che più mi ha colpito è però quella di Emanuele Solero, un ragazzino di 12 anni che si è seduto di fianco a me per raccontare l'orgoglio di andare al pascolo. Insomma un quadretto spettacolare, che mai mi sarei immaginato, mentre Sara Ferro, un'altra giovane di queste vallate, preparava la torta al formaggio che serve nella trattoria “La Furnasa”, di famiglia. L'ha abbinata a uno spumante di montagna che viene affinato nelle miniere di talco del Pinerolese. E qui m'è venuto in mente che le giovani generazioni hanno dentro qualcosa che non era stato messo in conto: il seme e il racconto. Il seme della tradizione: qualcosa di inarrestabile, che a un certo punto irrompe, fino a dare un frutto diverso dal seme del passato.
E la diversità sta proprio nell'apertura al mondo, nella capacità di rapportarsi e nel cercare di far emergere quella che diventa una storia. La storia di Usseglio, vista da questa fiera, m'è sembrata molto contemporanea. Ed è la storia possibile di qualunque altra parte d'Italia dove i ragazzi cominciano a prendere coscienza del bene collettivo in cui sono cresciuti. È un po' come la parabola dei talenti, che continua a dividere un'Italia a diverse velocità. E non è certo un problema di Sud o di Nord. Piuttosto di una politica che deve decidersi a liberare queste risorse: nella microimpresa delle nostre campagne e montagne c'è molto di più di quanto si possa immaginare. È tornata la fiducia.
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