sabato 10 febbraio 2018
Mi piace visitare le tombe degli artisti. Quella di Melville, nel cimitero del Bronx, ha la forma della pergamena. Quando ci andai, notai che un probabile appassionato aveva nascosto un mucchietto di conchiglie sotto il ciuffo d'erba: era il sogno dell'oceano custodito dentro la metropoli. Uscii dal cancello principale e superai una specie di mercatino correndo sotto la ferrovia sopraelevata. Non vedevo l'ora di tornare in albergo a rileggere Moby Dick. Il sepolcro di Andrej Tarkosvkj, al cimitero Saint Geneviève de Bois, a sud di Parigi, sembra un tabernacolo. Come non ripensare a Stalker, capolavoro del grande regista russo? Col corpo appoggiato sulla lapide, ebbi l'impressione di risentire il rumore del treno che in quel film accompagna il protagonista verso la Zona, dove c'è la stanza in cui si possono realizzare tutti i desideri. Ma forse l'emozione più forte resta quella che provai nello squallido camposanto di Thiais, sempre a Parigi, davanti alle spoglie di Antschel, alias Paul Celan. Lo raggiunsi in tram. Soltanto una distesa di croci, sassi, erbe incolte nella periferia desolata a poca distanza dall'aeroporto di Orly. Giganteschi riquadri di scheletri numerati. È questa “la pietra del pianto” dove nell'assoluto anonimato, riposa uno dei più grandi poeti del Novecento.
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