mercoledì 1 febbraio 2017
Questa vita, che a volte ci costa abbracciare, che ci fa male accettare del tutto o capire. Questa vita, al tempo stesso esaltante e fragile; luogo di vicoli ciechi e di rinascite continue. Questa vita, che si concretizza nella nostra carne, ma così misteriosa da sfuggirci. Questa vita, che è una domanda radicale alla quale, tante volte, non troviamo risposta. Questa vita, così sperimentata, è un santuario di Dio. Per questo, come profeticamente insiste papa Francesco, nessuna vita può essere scartata; nessuna vita è un vuoto a perdere. Il tempo di ogni vita è un tempio. Sì, il nostro grande compito è scoprire ciò che siamo, e trasformarci speranzosamente in ciò che siamo. Dobbiamo forse guardare alla vita, la nostra e quella degli altri, con occhi diversi, con rinnovata considerazione e anche con ritrovata venerazione. Abbiamo bisogno di cadere in ginocchio davanti a questo spettacolo smisurato e divino che è la vita, per quanto fragile essa sia. La vita, ma nel suo concreto. La vita ordinaria, terra terra, senza non so quale grandezza aggiuntiva, la nuda vita. Un segno molto positivo nella teologia contemporanea è la crescente importanza che sta acquistando la dimensione biografica del cammino di chi crede, come parallelamente accade con la valorizzazione delle storie di vita. L'irriducibile singolarità del soggetto è un luogo teologico che ha molto da insegnarci.
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