martedì 5 agosto 2014
Questa sera dalla scatola delle foto in cui mi piace tenerle alla rinfusa – disordinate come lo sono i ricordi – salta fuori, quasi convocata, una fotografia in bianco e nero, piccolissima, che il tempo ha virato al seppia.La nonna Dina, Aldobrandina all'anagrafe, la madre di mio padre. Scesa a Parma a vent'anni, da un paesino dell'Appennino emiliano. So poco di lei, ma ciò che so, come somiglia alla storia di milioni di italiani. Nata alla fine dell'800, tanti fratelli (uno emigrato in America, uno minatore in Belgio) e una vita dura, Aldobrandina andò a servizio in città, in una casa di signori. Sapeva leggere e scrivere, e poco altro.A Parma si innamorò di un ragazzo fulvo, anarchico, poi socialista, arrivato anche lui dalla campagna. E per tutta la vita il nonno Ferdinando alla mattina ebbe ogni giorno il suo L'Avanti!, e per tutta la vita lei, invece, all'alba aveva la sua Messa, in una piccola chiesa dalle parti di viale Milazzo. Quando nacque mio padre, smise di lavorare. E non so niente di quegli anni, se non l'eco di una giornata di spavento: quando mio padre a cinque o sei anni, curioso della città, scappò da casa, e lo ritrovarono solo a sera. Di lei invece, che ho visto poche volte da bambina, ricordo la sagoma robusta e scura nelle vesti della vedovanza; e una gran forza, che emanava dal suo viso dagli occhi neri e dagli zigomi larghi. Mi faceva pensare a una nave ammiraglia, che sappia far fronte a ogni tempesta. E so, ancora, che quando mio padre partì per il fronte russo lei gli cucì con le sue mani un berretto di pelo del defunto gatto di casa. E che per quei lunghissimi mesi continuò, ostinata, a presentarsi alla sua chiesetta, alle sette del mattino – che piovesse o nevicasse, fedele. Quanto deve aver pregato, per quel figlio in guerra, e così lontano. Fu forse come la corda di un'ancora quella preghiera, che lo ricondusse a casa? Ma anche dopo, lei non smise mai di pregare. E il figlio si sposò e diventò giornalista, e scriveva su un giornale di Milano. E nacquero i suoi figli, e poi, tanti anni dopo, quando Aldobrandina era morta da un pezzo, i nipoti.Ogni tanto ci penso, a quella donna di fine Ottocento, in chiesa ogni mattina alle sette; ci penso quando in casa veniamo fuori da qualche guaio, o quando vedo i figli più forti di quanto noi due lo siamo. Mi immagino quella sua figura robusta al primo banco, e mi chiedo se in realtà non sia ancora lì, che ci guarda. E penso a quante donne così, fragili eppure tenaci colonne, hanno fatto, forse anche più dei loro uomini, l'Italia.
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