La libertà in Internet è sempre più minacciata
venerdì 17 gennaio 2020

Misurare la libertà non è mai facile. Misurare la libertà della Rete, per certi versi, lo è ancora meno. Freedom House è una organizzazione non governativa internazionale, con sede a Washington, «che conduce attività di ricerca e sensibilizzazione su democrazia, libertà politiche e diritti umani». Ogni anno pubblica un rapporto sulla libertà nel mondo (Freedom in the world) ma uno anche sulla libertà della Rete digitale (Freedom On The Net). Dopo averlo letto c'è poco da stare allegri: «Dei 65 Paesi valutati, 33 hanno registrato nell'ultimo anno un calo complessivo della libertà. Il maggior calo è stato registrato in Sudan e Kazakistan, seguiti a ruota da Brasile, Bangladesh e Zimbabwe». A questo punto, noi occidentali tiriamo un respiro di sollievo. E pensiamo innanzitutto due cose. La prima è che quei Paesi non sono mai stati campioni di democrazia. La seconda che il nostro mondo di riferimento tutto sommato è salvo.
Sbagliato. Perché, se letto in profondità, emerge che il Paese meno libero al mondo è sì la Cina, ma nemmeno l'America è messa tanto bene. «La libertà di Internet – secondo il rapporto – è diminuita negli Stati Uniti per il terzo anno consecutivo». I motivi? C'è sempre più sorveglianza e le azioni digitali dei cittadini «sono controllate anche quando riguardano attività costituzionalmente protette». Mentre manipolazioni, infiltrazioni e disinformazione crescono a ritmo vertiginoso.
Una deriva che sembra avere intaccato quasi tutti i Paesi del mondo, al punto che il rapporto The Global Disinformation Order 2019 dell'Oxford Internet Institute lancia un allarme molto serio: «Nel mondo ben 70 nazioni usano social, algoritmi e big data per manipolare l'opinione pubblica». Accade in nazioni come Cina, Iran e Arabia Saudita, ma anche negli Stati Uniti e in Europa, Italia compresa (anche se in maniera meno violenta che negli altri Paesi). Per Freedom House, «non c'è più tempo da perdere». Le tecnologie emergenti forniscono sì nuove opportunità per lo sviluppo umano, ma mettono a rischio (e lo faranno sempre di più) anche i diritti umani. Non a caso la libertà della Rete, negli ultimi nove anni, è diminuita costantemente a livello mondiale.
Comparitech in questi giorni ha pubblicato un altro studio, questa volta sulla censura mondiale nella Rete. Cioè, su quanto in ogni Paese i cittadini siano liberi di usare app, social, piattaforme e web e quanto i media siano censurati anche nel digitale. Il peggior Paese del mondo risulta la Corea del Nord, dove la censura colpisce ogni azione digitale. Al secondo posto c'è la Cina dove i social media occidentali (e molti siti) sono bloccati, mentre i media politici sono fortemente limitati. Non solo. «Le normative online prevedono che una persona possa essere incarcerata per avere semplicemente condiviso o commentato un post non gradito». Al terzo posto risultano a pari merito Russia, Turkmenistan e Iran. Tutte e tre le nazioni censurano i media, mentre il Turkmenistan blocca anche tutti i social. Russia e Iran invece ne permettono alcuni, ma li controllano pesantemente. Bielorussia, Turchia, Oman, Pakistan, Emirati Arabi Uniti ed Eritrea censurano i media sul web, mentre soltanto l'Eritrea in questo gruppo di Paesi censura anche i social.
Nella ricerca l'Italia risulta un Paese pienamente libero. Il che non può che farci piacere e renderci orgogliosi. Fermo restando che nella misurazione delle libertà dei cittadini nell'uso della Rete la ricerca ha inserito anche la facilità di accesso ai siti pornografici. Un dato indubbiamente di libertà, ma per il quale è difficile essere così orgogliosi, tenendo conto che gli italiani consumano pornografia online in gran quantità e a qualunque età.

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