martedì 11 ottobre 2011
Giulia ha adottato una bambina a distanza. Sa che con il suo contributo mensile le permetterà anche di andare a scuola. E ne è orgogliosa. «Si chiama Lebohang, ha cinque anni e vive in Sudafrica» mi ha detto mostrandomi la lettera con poche frasi di presentazione in inglese. La lettera di Lebohang è accompagnata dall'impronta della sua mano, impressa su un cartoncino bianco dopo averla intinta in un colore verde chiaro. Giulia la guarda perplessa. «È un bel dono, le dico, proviamo a leggerla insieme?»
«Con la mano potrà impugnare la penna e i colori per scrivere e disegnare» dice Giulia. «Con la sua mano potrà sostenere il cammino di un anziano nel suo villaggio» dico io. «Farà le carezze alla mamma e alle persone alle quali vuole bene» aggiunge Giulia. «Afferrerà la tanica di plastica con la quale andrà a prendere l'acqua dalla sorgente più vicina», suggerisco io. «Con la mano mangerà il cibo insieme alle persone della sua famiglia. Da un unico piatto, come ho visto in televisione» osserva Giulia. «Con quella mano aiuterà gli adulti nel lavoro dei campi, oppure governerà una mucca» immagino io. «Difenderà un bambino se un adulto vuole picchiarlo» è convinta Giulia. «E farà le treccine alle sue sorelle quando diventerà grande». «Si schermirà gli occhi dal sole» dico io. «E si farà vento quando ci sarà troppo caldo». «Con il tuo aiuto, forse Lebohang andrà anche alla scuola dei grandi. «Nella lettera c'è scritto che vuole diventare mamma». «Ma forse prima vorrà studiare e conoscere il mondo. E chi sa che non decida di diventare medico e di curare le persone ammalate del suo villaggio e quelle dei villaggi vicini. Allora, forse, con la sua mano impugnerà un bisturi e salverà la vita di adulti e di bambini». Giulia guarda la sua mano. Quella con la quale impugna la corda per saltare, scrive con il gesso alla lavagna, sfoglia le pagine di un libro, incolla figurine, tira su le veneziane dell'aula, infila la pastina in un filo per fare una collana. Attività e gesti tanto diversi da quelli che fa Lebohang in un villaggio sperduto a migliaia di chilometri di distanza da Torino. Ma adesso l'impronta della sua mano, arrivata in una busta con una strana affrancatura, è come un volto che a Giulia basta sfiorare con lo sguardo perché parli e cominci a raccontare.
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