venerdì 18 marzo 2011
Scrivo mentre intorno sento fanfare (e fanfaroni) e intanto ricamano il cielo di tricolore le amatissime Frecce, forse l'immagine istituzionale unificante più amata dagli italiani, insieme ai Bersaglieri. Ho il mio impegno a raccontare, qua e là per il Bel Paese, quanto lo Sport abbia contribuito all'Unità d'Italia. Il ciclismo di Coppi e Bartali, fratelli separati, il Cavallino Rampante di Ferrari, l'Atletica di Consolini e Berruti, il pugno mondiale di Nino Benvenuti, e così oggi vedo celebrati Valentino e la Pellegrini, e anche la Nazionale del Rugby imbottita di oriundi, ma mi piace raccontare come a unire dippiù - storicamente - sia stato e sia ancora lo sport che è nato per dividere e dalla divisione trae la sua potenza indistruttibile: il calcio. Il pallone è il miglior simbolo dell'Italia dei Comuni, spacca in due paesini e metropoli, semina zizzania in borghi, contrade, campagne e città e anche in famiglia, dove i figli possono farsi laziali e romanisti, genoani e sampdoriani, torinisti e juventini, milanisti e interisti, e felicemente azzuffarsi, e tuttavia oggi nessuno - dico anche fuori dello sport - può rappresentare l'Unità meglio del gioco che nel tempo ha assunto anche forti contenuti sociali. Potrei cominciare l'excursus tricolore dal più grande degli sportivi che hanno dato fama alla Patria, dal "nostro" Garibaldi: dal Commendator Vittorio Pozzo che fu l'Eroe dei due Mondiali e tenne insieme fino all'alba dei Quaranta un popolo che andava drammaticamente sciogliendosi in parti e colori. Ma in tanti l'han dimenticato, il vecchio alpino, così come hanno riservato tiepide onoranze al centenario della Nazionale nata nel 1911, all'Azzurro ch'è stato componente essenziale - seppur invisibile - della bandiera, o allo Scudetto che fu inventato apposta, all'alba degli anni Trenta, da Gabriele d'Annunzio per premiare la squadra vincitrice del Campionato. L'Italia si ritrovò in strada a far festa con tricolori sottratti alla naftalina e all'oblìo la notte del 17 giugno 1970 dopo Italia-Germania 4 a 3, la Partita del Secolo; e ancora l'11 luglio 1982, quando la Nazionale di Enzo Bearzot fece scoprire anche la colonna sonora di tanta gioia, di tanto onore, il "Fratelli d'Italia" cui molti avevano tentato di negare la preziosa essenza di Inno Nazionale: ben comprese questo spirito il presidente Azeglio Ciampi quando, avendo deciso il grande rilancio dell'Inno, s'affidò agli Azzurri che presero a cantarlo ovunque, nel mondo, magari steccando orrendamente o compitando a fatica la corte e la coorte. Quando venne la notte del 9 luglio 2006 e il cielo si fece azzurro sopra Berlino "Fratelli d'Italia" conquistò una volta ancora il mondo del pallone ma soprattutto il cuore degli italiani. Coi fatti, dunque, non con la retorica che in queste ore sento farsi spesso anche melassa. Lo sport non si nutre di chiacchiere. L'altra sera, all'improvviso, una sudata quanto entusiasmante vittoria dell'Inter in Germania - dopo le cadute di Roma e Milan - è stata all'improvviso sentita come conquista nazionale, a modo suo unificante, anche se per poco. Fino al prossimo derby.
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