La difficile lotta europea alle «fake news» online
venerdì 17 marzo 2023
Tutti noi abbiamo imparato in questi anni quanto sia ormai facile produrre fake news. Parola che nel tempo si è in parte svuotata del suo senso originale ma che dovrebbe indicare solo la creazione di informazioni deliberatamente false atte a screditare “un nemico”.
In realtà ormai le fake news più popolari non sono completamente false ma fanno leva sulle nostre paure con ipotesi estreme ma “verosimili”. Tra quelle più gettonate, negli ultimi mesi, ce ne sono diverse che se la prendono con l’Europa (la più diffusa è che «vuole farci mangiare i grilli»). Come ricorderete, nel 2024 ci saranno le elezioni europee. Da qui una domanda non secondaria: cosa sta facendo l’Europa per cercare di contrastare la disinformazione online e quindi proteggere i suoi cittadini? Diverse cose. Già nel
2018 sono state stilate le linee guida sull’approccio europeo per contrastare la disinformazione online che ancora oggi sono le basi sulle quali si poggia l’operato europeo. Sul lato più pratico vale la pena di ricordare il progetto EUvsDisinfo, «che fa un lavoro capillare di identificazione e spiegazione dei maggiori esempi di disinformazione in Europa, e contiene un database di migliaia di dati catalogati per tema, regione etc». Il problema, semmai, è che di questo strumento pochi sanno e così resta confinato agli esperti. Non è finita qui. Nel 2022 c’è stato il Digital Services Act che ha stabilito importanti obblighi di responsabilità per le piattaforme (come Facebook. Twitter e compagnia bella) e ribadito i diritti fondamentali degli utenti. Infine, è nato l’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO). Dal 16 giugno 2022 ne fanno parte 34 realtà di primo piano, tra cui colossi come Google, Twitter e Meta (ex Facebook) e servizi come NewsGuard e Facta. Dove sta allora il problema?
Che con la pubblicazione dei primi rapporti dei firmatari, l’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO) si è accorto che mancano chiarezza e trasparenza. Di più: «Nonostante gli impegni, le piattaforme online stanno fallendo nella lotta alla disinformazione». Come ha spiegato il professor Miguel Poiares Maduro, presidente del comitato esecutivo di EDMO: «sul primo banco degli imputati c’è Twitter che vorrebbe far pagare l’accesso ai suoi dati pubblici, penalizzando così gli studi e le ricerche sulla disinformazione». Non è finita: «Che si tratti di propaganda sulla guerra in Ucraina o miti della cospirazione sul COVID-19, i team di verifica dei fatti delle agenzie di stampa dpa , AFP e APA, nonché la redazione indipendente senza scopo di lucro CORRECTIV hanno unito le forze per combattere false affermazioni e campagne di disinformazione sulla rete». Dal 23 febbraio tutti i lavori sono stati raggruppati sulla nuova piattaforma online dell’Osservatorio tedesco-austriaco sui media digitali (GADMO) , rendendo in teoria più facile per i cittadini ottenere informazioni complete. «Ogni giorno vengono aggiunti nuovi fact check, che possono essere filtrati per categorie come salute, ambiente, economia e politica». Tutto bene, quindi? Sì e no. Perché purtroppo pochi cittadini conoscono questi strumenti. Inoltre combattere le fake news costa tanto mentre produrle costa sempre meno. In più, se da una parte è fondamentale smascherare le false affermazioni che vengono deliberatamente diffuse sul web per influenzare i dibattiti sociali, il primo nemico della verità purtroppo abita dentro di noi. In questi anni di infodemia e di contenuti non verificati e non verificabili molti si sono abituati ad accontentarsi della verità che soddisfa i propri pregiudizi. E contro quella (e contro i nostri bias cognitivi) non c’è piattaforma o legge che tenga. © riproduzione riservata
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