domenica 22 aprile 2007
Nel significato politico di "laici", si dovrebbe comprendere il fondamentalismo. Non per rimandare al mittente il solito gratuito insulto ai cattolici, ma perché l'inclusione, è documentabile. Per esempio, è spesso palese tra le righe di ciò che i "laici" scrivono. Così è per la pregiudiziale asserzione dell'esistenza di un «Gesù storico» totalmente alternativo a quello della fede, cioè dei Vangeli, che i "laici" non considerano fonte storica attendibile. È il caso della "Inchiesta su Gesù" di Augias, che si apre con l'affermazione pregiudiziale della necessità di «sapere chi era» quel «Yehoshua ben Yosef [...] prima che la liturgia, la dottrina, il mito trasformassero la sua memoria in una fede», vale a dire «prima che scomparisse sotto la coltre fitta della teologia». A questa scuola, nella sua presentazione su Repubblica del "Gesù di Nazaret" di Benedetto XVI (sabato 14), Marco Politi dà per scontato che «Gesù mai si sia presentato come Dio». Eppure le fonti, riferiscono chiaramente che Gesù ha parlato di Dio sempre come del "Padre mio che è nei cieli" (il "nostro" lo ha insegnato ai discepoli) e del "Signore del cielo e della terra", ha detto che Lui e il Padre sono "una sola cosa", si è qualificato per Figlio di Dio e per questo ha accettato la morte. Cambiamo registro. Sull'Unità Carlo Flamigni esigeva (martedì 17) che i cattolici che dovessero entrare nel Partito Democratico ne accettino la «laicità» così intesa: «Basterebbe poco: per esempio una dichiarazione nella quale si impegnano a considerare tutti i temi eticamente sensibili come negoziabili». Quel «poco» è la pretesa che i cattolici rinuncino a esserlo e contiene anche l'accusa al «Vaticano» di«esigere che la coscienza di un parlamentare cattolico prevalga sul mandato che gli è stato affidato dagli elettori». A parte il fatto che la Costituzione esclude ogni "vincolo di mandato" (art. 67), è chiaro chi sono i fondamentalisti. Al genetista Flamigni non dovrebbe essere difficile trovare i cromosomi del vecchio dogmatismo (staliniano) nelle cellule dei postcomunisti. LA GRAMMATICA MORALE Il secondo fascicolo di quest'anno diMicroMega è quasi interamente dedicato alla divinizzazione del darwinismo (vedi questa rubrica del 25 marzo) e di ciò che ne consegue, tra cui il rifiuto di una «base naturale» anche dell'etica. È vero che l'australiano Marc Hauser, biologo e antropologo alla Harvard University, ammette l'esistenza di una «grammatica morale universale» frutto dell'evoluzione, che risiederebbe in alcuni lobi frontali del cervello (e quindi in qualche modo naturale), ma il filosofo Mario De Caro (Università di Roma 3) lo contesta nel timore che ammettere un naturalismo anche solo neurofisiologico possa «aprire le porte al trascendente». Paura di Dio? Il fatto è che dalla natura e quindi da un progetto non sfugge neppure l'ideologia evoluzionistica con le sue acrobazie neurofilosofiche: l'evoluzione casuale o no, è pur sempre un fatto (una legge?) di natura. Anche l'evoluzione e il caso, da quando esistono, Qualcuno li avrà pur inventati.
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