sabato 11 agosto 2007
Colui che parla chiaro, ha chiaro l'animo suo.
Tutto quello che si può dire, lo si può dire chiaramente.
Costruisco l'odierna riflessione su un gioco di parole: parto, infatti, dalla santa del calendario, l'indimenticabile Chiara d'Assisi, e su quel nome intesso un ammiccamento alla chiarezza, dote non sempre apprezzata e coltivata. Ho, così, scelto due testimonianze dalle origini molto differenti: la prima frase è di uno che questo nitore l'aveva fatto diventare un'insegna della sua predicazione, cioè san Bernardino da Siena;
l'altra frase è, invece, di un filosofo del '900, Ludwig Wittgenstein, che ha professato lo stesso principio, ma forse non l'ha sempre praticato nei suoi scritti, che sono testi dalla cui lettura si esce stremati.
Sta di fatto che bisogna dubitare di chi si presenta con grande supponenza e ti rovescia addosso un linguaggio oscuro e oracolare. Certo, ci sono questioni che di loro natura sono complesse ed esigono il rigore mentale, un gergo specialistico, un'articolazione tortuosa del pensiero. Tuttavia questa dimensione alta non impedisce che almeno il risultato sia presentato in modo accessibile e che ci sia uno sforzo di divulgazione, pur nella consapevolezza che divulgare è sempre approssimare. Un mio grande maestro di esegesi biblica era solito ripetere questa battuta: «Chiarità è carità». Ecco, allora, lo sforzo di essere trasparenti, di adattarsi ai semplici e ai bambini e di adottare la limpidità del linguaggio anche nella sincerità. Come consigliava lo stesso Gesù: «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Matteo 5, 37).
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