domenica 13 agosto 2006
Il grido del povero sale fino a Dio, ma purtroppo non arriva alle orecchie dell'uomo. Non è solo in questi giorni di vacanze, è anche nel normale svolgersi della vita cittadina che il povero riesce a perturbare con la sua stessa presenza e la sua mano tesa la nostra quiete. Nella Bibbia si ripete spesso che «il grido del povero sale a Dio», ma ha ragione anche Hughes-Felicité R. de Lamennais, affermato scrittore francese dell'Ottocento, divenuto sacerdote come il fratello che l'aveva riportato alla fede. Da allora egli si era dedicato alla teologia ma anche all'impegno etico, come si nota nell'appello che abbiamo sopra citato. Se Dio ascolta, l'uomo invece fa il sordo quando lo si provoca alla generosità. Il libro biblico dei Proverbi è, al riguardo, piuttosto minaccioso: «Chi chiude l'orecchio al grido del povero, invocherà a sua volta e non otterrà risposta» (21, 13). Forse oggi siamo comodamente seduti in un ristorante che s'affaccia sul mare; è domenica ed è ormai ferragosto col suo solito trionfo di consumi e divertimenti. Certo, anche Gesù amava i banchetti e il buon vino, se è vero che si è attirato l'accusa di essere «un mangione e un beone». Il sereno godimento dei beni terreni è legittimo, tant'è vero che la tradizione giudaica era convinta che Dio ci giudicherà anche sui piaceri leciti non goduti. Ma ciò che è iniquo è avere l'orecchio chiuso, ostruito volutamente dai rumori più sguaiati, e l'occhio cupido sul proprio benessere per evitare di incrociare una domanda di aiuto o di condividere una parte del molto che abbiamo. Diceva la legge biblica: «Se in mezzo a te ci sarà un fratello bisognoso, non indurire il tuo cuore e non chiudere la tua mano!» (Deuteromio 15, 7).
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