domenica 1 aprile 2012
Da Napoli a San Ginesio di Macerata, risalendo e scendendo le vallate dell'Italia centrale. Neve in alto sui monti e in basso alberi fioriti, il primo verdeggiare d'erbe e gemme. Paesaggi incantati: paesoni attaccati ai crinali e cittadine allargate nelle piane. Sempre un castello, una fortezza, un rudere a vegliare dall'alto e cupole, campanili, facciate di chiese a vivificare i centri, ordinarli in prospettive architettoniche.Poi Roma, Torino, Bologna, Prato. Niente di ciò che resta del passato è fuori posto e il tempo ha concesso anche alle strutture ideate per intimorire lo sguardo, imporre ogni genere di coercizione, una parvenza di grazia. Risalta l'eleganza delle forme, la potenza dell'ideazione, la maestria della manodopera nel costruire. Un termine di paragone che diventa facilmente monito e induce a riflessioni che vanno ad alimentare il senso di malessere che grava sulle cose e che chiamiamo: crisi, economica certo, ma non solo.Ci sono molte Italie. Affiorano nuove divisioni e nuovi accorpamenti determinati da una geografia che ha prodotto economie e modelli di sviluppo diversificati. C'è un'Italia balneare che, a scansione stagionale, è ormai un unicum: da Ventimiglia a Trieste passando per Santa Maria di Leuca, comprende le piccole isole e le coste di Sicilia e Sardegna. Di una stagione, benedetta dal sole e dal mare, fa l'economia di un anno. Strettamente intrecciata con l'Italia urbanizzata che ne fruisce in duplice modalità: produttrice e consumatrice dei servizi offerti. Il tempo libero è organizzato ed ottimizzato tanto quanto il tempo occupato; è soggetto ad investimenti, innovazione, aperture a nuovi mercati. È il regno dalla quantità, il tutto esaurito è la sua aspirazione, il suo programma, ed ha come appendice località alpine e qualche altro luogo, qua e là, sulla dorsale appenninica, sempre meno scendendo verso sud.C'è poi un'Italia montana sempre più accomunata nello spopolamento che ha ormai raggiunto lo stato di abbandono. Il paesaggio, già colto in quanto coltivato, riconsegnato all'incuria s'è inselvatichito, accentuando una connotazione romantica che trova nel ripopolamento di animali selvatici e nell'istituzione di aree protette il suo motivo di interesse mediatico.In questo ambito cresce un paradosso che solo un'ideologia salvifica come quella ecologica ha potuto produrre: l'energia eolica, idea quanto mai meravigliosa, sta trasformando vaste aree dell'Appennino meridionale in simil-periferie, un paesaggio disastrato: crinali e pale, pale e crinali e per contorno coltivazioni di pannelli solari. Se questa è la soluzione, meglio tenersi il problema. Ci sono molte Italie, più di quante ne conosciamo; nessuna può pensare di salvarsi proclamando la propria indipendenza, la propria estraneità al contesto che tutto accomuna, a cui tutto torna; ci precede, ci sovrasta, ci resiste.C'è l'antico Paese delle cento capitali e dei mille borghi, l'Italia storica, culturale, artistica. L'Italia cattolica. Non è uno sguardo museale sul passato, è presente, è essenziale ad ogni sviluppo, è un progetto rivolto al futuro: ricchezza e bellezza di un Paese che solo perdendo la ragione può volersi normale.
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